Narsete e il suo rapporto con Alboino. Con la morte di Narsete si sarebbe sciolto definitivamente il legame di fidelitas personale di Alboino
(fonte Michel Wolgemut, Wilhelm Pleydenwurff)
Il ruolo di Narsete e il suo rapporto con Alboino. La situazione del nord Italia prima dell’arrivo dei Longobardi. Con la morte di Narsete si sarebbe sciolto definitivamente il legame di fidelitas personale di Alboino
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Introduzione
Il contesto storico dell’Italia durante il periodo di Narsete è complesso e caratterizzato da significative transizioni politiche e culturali. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., l’Italia fu soggetta a numerose invasioni e dominazioni barbariche, tra cui quelle dei Goti e dei Bizantini.
Nel V secolo, l’Italia era divisa tra il Regno Ostrogoto, fondato da Teodorico il Grande, e le aree ancora controllate dall’Impero Bizantino. La guerra gotica (535-554 d.C.), combattuta tra l’Impero Bizantino e il Regno Ostrogoto, portò alla temporanea riconquista bizantina di gran parte dell’Italia sotto l’imperatore Giustiniano I, grazie anche alle campagne militari di generali come Belisario e Narsete.
Dopo la morte di Narsete, l’Italia bizantina si trovò in una situazione di instabilità politica e militare. Il nord Italia, in particolare, era una regione di confine, spesso esposta a incursioni e insediamenti di popolazioni germaniche. Con l’arrivo dei Longobardi nel 568 d.C., guidati dal loro re Alboino, si assistette a un’ulteriore fase di cambiamento, con la fondazione del Regno Longobardo che segnò l’inizio di una nuova era per la penisola italiana.
Chi era Narsete
Narsete, distinto generale e amministratore dell’Impero Bizantino, vantava origini armene. Nato alla fine del V secolo in una regione sotto il dominio persiano, proveniva da una famiglia di alto rango della nobiltà armena. La sua educazione avvenne a Costantinopoli, dove, in qualità di eunuco, fu formato per servire nell’ambito della corte imperiale. La sua ascesa a una posizione di notevole influenza presso la corte di Giustiniano I fu in gran parte dovuta al sostegno di Teodora.
Narsete si guadagnò la fiducia degli imperatori Giustiniano e Teodora, assumendo ruoli chiave e compiendo missioni di rilievo per loro conto. Nel 532, ebbe un ruolo cruciale nella soppressione della rivolta di Nika, che minacciava il regno di Giustiniano a Costantinopoli. Successivamente, fu promosso a magister militum per Orientem, diventando così il comandante supremo delle forze armate bizantine nell’Oriente.
Nel 551, Giustiniano lo elevò al rango di generalissimo (strategos autokrator), conferendogli pieni poteri per guidare la campagna militare in Italia contro gli Ostrogoti. Partì da Costantinopoli nella primavera dello stesso anno, ben finanziato dall’imperatore. Dopo aver trascorso un periodo a Filippopoli per contrastare un’invasione degli Unni, Narsete giunse a Salona in autunno. Nell’aprile del 552, prese il comando di un imponente esercito, optando per una marcia via terra verso l’Italia, data la mancanza di navi adeguate per il trasporto delle truppe.
Affrontando le Alpi Giulie, Narsete raggiunse i confini italiani ma fu ostacolato dai Franchi, che gli impedirono di procedere lungo le vie romane. Di conseguenza, modificò il suo percorso, seguendo una rotta costiera attraverso la laguna veneta.
Nel 552, fu incaricato di portare a termine la conquista dell’Italia iniziata da Belisario sotto l’egida di Giustiniano. Dopo aver inflitto una decisiva sconfitta agli Ostrogoti, Narsete riuscì a riprendere il controllo di Roma nel 553.
Narsete amministrò l’Italia con il titolo di esarca dal 554 al 568, periodo durante il quale consolidò il potere bizantino nella regione. Tuttavia, nel 568, l’imperatore Giustino II decise di richiamarlo a Costantinopoli, nominando Longino come suo successore. Afflitto da sentimenti di rancore e timore, Narsete si rifugiò a Napoli. In seguito, cercò di influenzare il corso degli eventi inviando ambasciatori ad Alboino, re dei Longobardi, esortandolo a lasciare la Pannonia e a conquistare l’Italia, un territorio ormai vulnerabile e privo della sua guida.
Il rapporto tra Giustino II e Narsete
Narsete, inizialmente acclamato da Giustino II per le sue prodezze militari e la riconquista dell’Italia, fu nominato esarca d’Italia. La sua amministrazione iniziò con successo, ma col tempo, la stima dell’imperatore verso Narsete si trasformò in disapprovazione. Giustino II, noto per la sua impulsività, trovò presto motivo di scontento nel governo di Narsete, che veniva percepito come oppressivo dai Romani. Nel 568, l’esarca fu destituito, un atto che non solo segnò la fine della sua carriera ma anche l’avvio del declino bizantino in Italia. Questo evento storico evidenzia la fragilità delle relazioni politiche e il loro impatto sul corso della storia.
Il rapporto tra l’imperatrice Sofia e Narsete
Il rapporto tra l'imperatrice Sofia e Narsete fu uno dei più controversi della storia dell'Impero bizantino. Sofia, nipote dell'imperatrice Teodora, era la moglie dell'imperatore Giustino II.
Sofia e Narsete erano due personalità molto diverse. Sofia era una donna intelligente e determinata, che aspirava a esercitare un ruolo significativo nella politica dell'Impero. Narsete era un uomo ambizioso e potente, che aveva accumulato una grande ricchezza e influenza.
I due si scontrarono su diversi fronti. Sofia era ostile alla politica di Narsete in Italia, che considerava troppo costosa e inefficiente. Narsete, da parte sua, era scettico nei confronti delle capacità politiche di Sofia, che considerava troppo influenzata dai suoi consiglieri.
La tensione tra i due sfociò in un conflitto aperto nel 568, quando Sofia convinse Giustino a rimuovere Narsete dal comando dell'Italia. Narsete, umiliato e adirato, si ritirò a Napoli.
Sofia in una lettera scrisse:
“Tu Narsete orrendo uomo castrato sia bene che ritorni e starai bene è meglio al mestiere della lana nel mezzo delle fanciulle a filare che dove sei impero che è meglio ti starebbe La rocca nel serraglio delle donnicciole in Costantinopoli che lo scettro entro Roma”
Il generale Bizantino non esitò a rispondere: “S’io ti paia, O’Imperatrice atti a partire e a filare la lana con le fila apparecchiate, ordirò una si intricata tela, che ne tu in tutta tua vita districherai n’è l’imperatore innamorato della moglie mai potrà disciogliere.”
La citazione è tratta dal testo "De Bellis Gothorum" (Sulle guerre dei Goti), scritto da Procopio di Cesarea, storico bizantino del VI secolo.
Nel brano in questione, Procopio narra della rimozione di Narsete dal comando dell'Italia, avvenuta nel 568 per volontà dell'imperatrice Sofia.
Il tradimento di Narsete
Nei suoi 15 anni di governo, Narsete, nominato prefetto d'Italia, aveva dinque accumulato una grossa fortuna a spese dei sudditi, oppressi dalle troppe tasse.
L'imperatore Giustino, intorno al 568, ricevette le proteste degli abitanti di Roma, che sostenevano che era meglio sottostare alla dominazione gota piuttosto che a quella greca e minacciavano, in caso di mancata rimozione di Narsete, di consegnare Roma e l'Italia ai Barbari:
"Liberaci dalla sua mano, oppure, senza fallo, consegneremo la città di Roma e noi stessi ai Barbari"
Quando Narsete comprese di essere in pericolo cercò di mostrarsi pentito:
"Se male mi sono comportato con i Romani, male possa io ricevere."
Ma l'Imperatore si adirò con Narsete e lo privò della carica di Prefetto del Pretorio d'Italia, sostituendolo con Longino. La leggenda vuole che Narsete, per vendetta, decise di ritirarsi a Napoli da dove invitò i Longobardi a invadere l'Italia. Alboino accettò l'invito ed alleatosi con i Sassoni, lasciò la Pannonia per invadere l'Italia con tutto il suo popolo e stabilircisi.
Paolo Diacono sostiene che Narsete, tormentato dall’astio e dalla paura, si era rifugiato a Napoli ed inviò degli ambasciatori ad Alboino, invitandolo ad abbandonare le terre della Pannonia e impadronirsi dell’Italia. Questa affermazione mal si accorda con una sua mancata punizione e con la sua sepoltura con tutti gli onori; inoltre le fonti più vicine agli avvenimenti non menzionano il tradimento. È possibile che la storia dell'invito di Narsete sia stata inventata dai cronisti per dare una spiegazione plausibile all'invasione dei Longobardi.
La situazione del nord d’Italia prima dell’arrivo dei Longobardi.
Nel 553, dopo la sconfitta dei Goti, Narsete smobilitò il grosso dell’esercito imperiale, anche se rimanessero ancora delle grosse sacche di resistenza ostrogota. In ogni caso Narsete rinforzò e addestrò le sue truppe allo scopo di bloccare i Franco-Alamanni e bloccare definitivamente le loro incursioni nella Penisola.
I Franchi conservavano però intatto il loro controllo sulle Alpi Centro-Orientali fino alle Prealpi; tuttavia le loro ulteriori manovre rimasero circoscritte alle terre alto-venete.
Narsete, non ritenendo prudente fidarsi del tutto dei presidi ostrogoti seppur necessari, o perché comunque il sistema di sicurezza nel tratto veneto si mostrava parecchio vulnerabile, inserì i suoi fedelissimi Eruli con a capo Sinduala sulle postazioni strategiche lungo la fascia delle Prealpi e delle immediate valli interne .
Struttura schematica del limes narsetiano nella Venetia. Clicca sulla figura per ingrandire. Fonte Giorgio Arnosti
Le truppe regolari dell’esercito romaico di manovra, diciamo di milites comitatenses, erano concentrate a guarnigione e come riserva tattica nelle città-piazzaforte lungo le coste o in prossimità del litorale adriatico da Grado a Treviso, da Altino a Padova e fino a Ravenna. L’esercito era composto da Illiri, Traci, Isauri, Siriaci, Armeni o Persiani organizzati in corpi detti numeri di circa 300-500 uomini.
C’erano poi delle truppe particolari che probabilmente erano di arruolamento locale e d’estrazione civile - una specie di “milizia cittadina”.
Forum Iulii probabilmente era la base operativa per le terre dal Tagliamento allo spartiacque delle Alpi Giulie; tuttavia , da un punto di vista tattico il territorio doveva essere controllato fino ai versanti alpini orientali, e ricalcare l’antico sistema dei claustra Alpium Iuliarum.
Con la drastica repressione degli Eruli ribelli e con l’eliminazione dei loro presidi, nel 566-567, le Prealpi della Venetia rimasero pericolosamente sguarnite. Né i popoli alleati sul crinale delle Alpi, né i superstiti Goti in pianura e nelle valli interne davano affidamento o potevano garantire una adeguata area di sicurezza; anche perché un’ennesima epidemia di peste aveva falcidiato gli abitatori della Venezia “fino al confine con gli Alamanni e con i Baiuvari”
Così Narsete dovette prendere nuovi provvedimenti. Con l’intento di riempire i vuoti sulla fascia pedemontana-prealpina destinata secondo il suo schema tattico a truppe federate fidate, il vecchio governatore ebbe l’idea di spostare qui alcuni contingenti di Longobardi.
Si ipotizza che gruppi di Longobardi, prima del loro ingresso ufficiale del 568 in Italia, da qualche tempo partecipassero al sistema confinario italico di Narsete e fossero già inseriti nel sistema difensivo del claustra Alpium Iuliarum. Ciò ci darebbe pretesto per ritenere che qualche altro gruppo longobardo fosse stato spostato verso Occidente fino al Tagliamento.
Tutti gli altri Longobardi, più numerosi col loro re, sarebbero rimasti impegnati nel presidio delle terre basso-pannoniche della Savia.
I Longobardi si insediarono nella Venetia in accordo con la politica di Narsete.
Nel frattempo l’Italia era turbata dalla destituzione di Narsete. Sul fatto che Narsete sia stato rimosso e sostituito, quale che fosse il vero motivo, le fonti sono certamente unanimi; non sono invece concordi sulla data della sua destituzione, con relative implicazioni quanto al valore della “chiamata” dei Longobardi.
I Longobardi, rimasti per qualche tempo leali nelle loro postazioni confinarie della Venezia, in seguito alle disgrazie di Narsete e al suo esilio più o meno volontario in Campania, ritennero fosse decaduto il patto di fidelitas che li legava alla persona del vecchio patrizio e pertanto Alboino si sarebbe sentito libero di gestire a proprio esclusivo vantaggio l’azione dei suoi contingenti; e si rivoltò contro l’Impero.
Il vero movente del voltafaccia di Alboino è comunque di difficile individuazione. E’ importante tenere presente che già altri popoli pur alleatisi erano spesso presi l’arbitrio di condurre scorrerie entro le province romane. Salvo poi rinnovare i patti di amicizia a più caro prezzo per l’Impero. Con questa prospettiva si sarebbero mossi anche i Longobardi, che già con Audoino durante il loro stanziamento nella Pannonia e nella Savia non avevano disdegnato, inizialmente, di spingersi con qualche incursione a far bottino nell’Illirico e in Dalmazia.
Vista la debolezza di Narsete, Alboino si era spostato con incursioni e saccheggi verso la Liguria. Papa Giovanni III esortò Narsete a tornare a Roma. Si pensa che in questa occasione Narsete abbia avuto ampia possibilità di manovra e sia riuscito a rinnovare il patto con Alboino.
Considerando che l’epidemia e la carestia del 566-68 nella Venetia avevano di molto ridotta la disponibilità di risorse per il sostentamento dell’esercito mercenario e il precedente accordo col re longobardo si sarebbe dimostrato inadeguato quanto a compensi; così Narsete avrebbe concesso ad Alboino di estendere il suo controllo su più vasti territori fino a Milano.
A Milano i Longobardi entrarono senza trovare resistenza il 3 Settembre del 569.
In qualche modo fu concesso ad Alboino di proclamare il regno con capitale Verona. Il suo dominio comprendeva la Venetia pedemontana e prealpina, e una parziale giurisdizione anche sulla Liguria padana.
Espansione longobarda e loro Regno di Verona (aa.568-571). Clicca sulla figura per ingrandire. Fonte Giorgio Arnosti
La morte di Narsete
Narsete morì circa nel 570 e col suo decesso si sarebbe sciolto definitivamente il legame di fidelitas personale di Alboino.
Attorno a quell’anno Pavia viene attaccata, e solo allora, si cominciano a registrare i primi fatti d’arme tra Longobardi e Bizantini.
Giorgio Arnosti, L’invasio Longobarda in Italia, CENITA FELICITER, L’epopea goto-romaico-longobarda nella Venetia tra VI e VIII sec. d.C.
Giorgio Arnosti, Fasi e struttura del limes narsetiano nella Venetia entro l’assetto dell’Eparchìa Italìas, CENITA FELICITER, L’epopea goto-romaico-longobarda nella Venetia tra VI e VIII sec. d.C.
Romano impero, GIUSTINO II - IUSTINUS II
Procopio di Cesarea, "De Bellis Gothorum", Libro VI, 22
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