Breve cenno della situazione difensiva territoriale del Friuli e della Venezia Giulia prima dell'arrivo dei Longobardi
I claustra Alpium Iuliarum si trovano nelle Alpi Giulie e costituivano il raggruppamento di una serie di fortificazioni e delle cosiddette "difese lineari".
#Altomedioevo, #longobardi, #ClaustraAlpiumIuliarum, #alpigiulie
A partire dal III-IV secolo, la penisola italiana e soggetta a numerose incursioni, oltre ad essere, dalla fine del V secolo, teatro dello stanziamento dei Goti e delle guerre tra questi e i Bizantini (535-553) e del lungo conflitto tra questi ultimi e i Longobardi (568-774). In questo contesto le frontiere si modificano continuamente e i vari sistemi difensivi vengono predisposti per rispondere alle necessità di controllo dei territori e dei confini.
Alla fine del IV sec. le Alpi non erano più una seconda linea arretrata in appoggio al limes, ma erano diventate l’unica frontiera ancora difendibile di fronte alla pressione delle popolazioni germaniche.
Infatti, in età costantiniana era già avvenuto un primo potenziamento della difesa alpina con l’istituzione di legioni deputate al presidio dei valichi alpini.
Nella seconda metà del sec. V, era stata realizzata la maggior parte dei piccoli fortilizi identificati in Carnia, sulla fascia pedemontana orientale e sulle pendici montuose della destra Tagliamento.
I Longobardi riutilizzarono a loro volta alcune fortificazioni tardo antiche.
Come si intuisce dal nome, i claustra Alpium Iuliarum si trovano nelle Alpi Giulie e costituivano il raggruppamento di una serie di fortificazioni e delle cosiddette "difese lineari", lunghe muraglie di pietrame munite a volte di torri
Le opere fortificate sfruttavano metodicamente il terreno e la topografia, chiudendo ogni valle transitabile e isolando ogni altura: esse avevano lo scopo di sbarrare le vie d'accesso dall'Illirico alla penisola. I muraglioni erano concepiti in modo da integrarsi con le numerose barriere naturali della regione (burroni, fiumi, boschi).
La difesa si estendeva grossomodo da Cividale del Friuli fino alla città attuale di Fiume/Rijeka, compresa anche la fortezza di Emona, attuale Lubiana.
La maggior parte di queste difese cadde nell'incuria tra il 390 e il 410, specialmente in concomitanza della battaglia del fiume Frigido (394), dove le forze di Teodosio distrussero buona parte di quanto trovarono sul loro cammino, incluso il Fluvius Frigidus Castra.
Di fatto, una volta arrivati i Longobardi in Italia, questo sistema era ormai totalmente inefficace a garantire la difesa e l'unico punto ancora utilizzato era la fortezza di Forum Iulii (Cividale), che comunque non oppose resistenza per via della scarsità della sua guarnigione.
Nel complesso, la necessità di difendere una zona così importante non ricevette probabilmente l'attenzione necessaria, forse per preferenza verso settori maggiormente strategici.
La barriera delle Alpi Giulie: claustra Alpium Iuliarum
Ammiano Marcellino, storico latino nato intorno al 335, è stato il primo ad utilizzare il termine di Claustra Alpium Iuliarum.
La Claustra Alpium Iuliarum (ossia "Barriera delle Alpi Giulie") era un sistema di difesa all'interno dell'Impero Romano tra l’Italia e la Pannonia che proteggeva l'Italia da possibili invasioni dall'Oriente.
La Porta Postumia, detta anche la Porta Adriatica o Porta Italo-Illirica, è un importante passo delle Alpi Dinariche. Situata in Slovenia, la sella è larga circa 30 chilometri e consente la traversata più bassa delle Alpi Dinariche, con un'altezza di 606 metri e una seconda traversata superiore sull'altopiano di Hrušica. La porta collega la Pianura Pannonica, le Alpi orientali, i Balcani occidentali e i territori cechi con l'Italia settentrionale e la costa adriatica nord-orientale. È uno spartiacque tra i bacini di drenaggio dell'Adriatico e del Danubio e prende il nome dalla città locale di Postumia.
I Romani erano ben consapevoli che il loro territorio di base era minacciato da un facile accesso attraverso la Porta di Postumia e crearono una rete di strade strategiche, castelli e mura, il Claustra Alpium Iuliarum, per fermare eventuali invasori. Al centro di queste fortificazioni c'era la fortezza collinare di Ad Pirum sull'altopiano di Hrušica controllando la strada romana tra Lubiana e l'Italia settentrionale. La Porta di Postumia fu attraversata dagli Alemanni, dai Goti e dagli Unni quando invasero l'Italia.
La parte orientale della catena alpina, da sempre considerata come una via naturale d’invasione dell’Italia, presenta monti adatti ad ospitare delle fortificazioni. Le opere fortificate sfruttavano metodicamente il terreno e la topografia, chiudendo ogni valle transitabile ed isolando ogni altura.
La peculiarità di questo sistema difensivo consisteva nel fatto di non essere organizzato come una linea di difesa fortificata continua, come era il caso del vallo di Adriano in Britannia. Gli sbarramenti erano concepiti in modo da integrarsi con le barriere naturali rappresentate dai monti e dalle selve e bloccare le vie di accesso all’Italia, prima fra tutte quella che da Emona (Lubiana) portava ad Aquileia.
Gli sbarramenti erano concepiti in modo da integrarsi con le barriere naturali rappresentate dai monti e dalle selve e bloccare le vie di accesso all’Italia
Con la fine della presenza romana le condizioni di vita delle popolazioni della regione friulana divennero più precarie sia per le continue invasioni di popolazioni barbariche, che per il generale peggioramento delle condizioni climatiche dovuto ad un notevole aumento della piovosità e di un consistente innalzamento della falda di risorgiva che determinò un costante deterioramento nell’agibilità della via Annia.
Il clima peggiorò costantemente fino al 589 quando sull’intera Venetia si abbatterono lunghe piogge che causarono rovinose inondazioni. Successivamente e fino al IX sec., il clima si mantenne rigido e piovoso contribuendo all’impaludamento ed al pressoché totale rimboschimento del territorio della pianura friulana.
Da diploma imperiale del 1028 risulta che l’intero territorio compreso fra la via Postumia ed il mare (in senso nord – sud) e dal Livenza all’Isonzo (in senso ovest – est), era occupato da un’unica foresta, la cosiddetta Silva Magna.
Ci sono dei centri fortificati come Aquileia, Forum Iulii (Cividale) Glemona (Gemona del Friuli) che controllava la via del Fella o Iulium Carnicum (Zuglio) la via di Monte Croce, dislocati sui monti.
Nelle prealpi orientali i nuclei fortificati non scarseggiavano.
Ad esempio Farra d’Isonzo, come il monte Fortin e Salvano, come il monte Quarin sopra Cormòns, il caposaldo di Gradisca, il rilievo munito di Gorizia, il Castellazzo di Doberdò, il colle che sovrasta Monfalcone.
Già in età gota, Teodorico era intervenuto soprattutto in Italia settentrionale per proteggere le città da possibili incursioni attraverso le vallate alpine. In questa strategia assunsero un ruolo chiave Cividale, Verona e Trento.
I Longobardi, almeno nel primo periodo di dominazione, incapaci di controllare l’intero territorio e di bloccare le incursioni nemiche sulle linee di confine, solevano rinchiudersi nelle città, opponendo una difesa passiva. Tra gli interventi di ricostruzione databili al VII sec., Paolo Diacono ricorda la riedificazione delle mura di Cividale, dopo la distruzione operata dagli Avari.
Ancora più evidenti, rispetto alle città, sono i segni di militarizzazione nelle campagne, dove vennero fondati numerosi castelli.
Peter Kos. Claustra Alpium Iuliarum — Protecting Late Roman Italy. Studia Europaea Gnesnensia 7/2013
FederArcheo. I sistemi difensivi dei ducati longobardi.
Vannesse, I claustra alpium iuliarum: un riesame della questione circa la difesa del confine nord-orientale dell’Italia in epoca tardo romana, AQUILEIA NOSTRA -ANNO LXXVIII – 2007
Della Mora, F. I sistemi difensivi dei ducati longobardi. Il ducato del Friuli. Quad. friulani di Archeol. 1, 31–42 (2010)
Articoli correlati
Articoli Correlati