Lotte interne, intrighi internazionali e la fragile stabilità della Serenissima
(fonte Creert)
Il doge Ottone Orseolo e il conflitto con il patriarcato di Aquileia. La fuga di Ottone Orseolo a Costantinopoli e la nomina Pietro Centranico
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Cronologia
L’epoca di Enrico II il Santo. (azzurro) Imperatori dei romani, (blu) Re d’Italia, (giallo) papa in carica, (rosso) margravio di Verona, (arancione) patriarchi di Aquileia, (viola) dogi di Venezia, (verde) patriarchi di Grado. Clicca sull’immagine per ingrandire
La fuga del doge Ottone Orseolo
Nel 1024 il doge veneziano Ottone Orseolo e suo fratello Orso (patriarca di Grado) lasciarono Venezia a causa di una sommossa popolare. I due si rifugiarono nelle terre che la sede gradense deteneva in Istria. Il momento di crisi che stava attraversando Venezia fu l’occasione per il patriarca Poppone di occupare Grado e saccheggiarla. La situazione stava precipitando e i Veneziani decisero di richiamare in patria il doge, il quale riconquistò la città e ne potenziò le difese.
La pace a Venezia durò poco.
Nel 1026 un'altra schiera di rivoltosi, capeggiata da Domenico Flabanico, imprigionò il doge e, dopo avergli tagliato la barba in segno di disonore, lo esiliò, sostituendolo con Pietro Centranico.
Orseolo trovò rifugiò a Costantinopoli mentre suo figlio Pietro riparava presso la corte dello zio Stefano d'Ungheria.
Pietro Orseolo, anche noto come Pietro il Veneziano fu re d'Ungheria per due volte.
Pietro Centranico nominato doge (1026-1032)
Dopo lunga e burrascosa assemblea fu nominato doge Pietro Centranico.
Le lotte interne favorirono una debolezza esterna. Infatti alcune città dalmate cercarono di sottrarsi dai legami con Venezia e il patriarca Poppone riproponeva incursioni nella laguna e Corrado II rifiutava la conferma dei privilegi.
Gli ungheresi intanto, dopo il matrimonio del predecessore Ottone Orseolo con la principessa Elena di Ungheria, vantavano dei diritti sulla Dalmazia veneziana.
Il doge neoeletto cercò di ottenere dall'imperatore d'occidente Corrado II il rinnovo dei privilegi commerciali, ma non ci riuscì
Corrado II ricevette la corona imperiale da papa Giovanni XIX e in quella occasione ottenne la conferma che Poppone poteva rivendicare diritti su Grado.
Poppone, protetto dall’imperatore, ottenne un diploma dove si dichiarava che fino a quel momento Grado era stato dichiarato indebitamente metropoli ecclesiastica di Venezia.
Però, poco dopo, il papa dichiarò che era stato tratto in inganno dal patriarca di Aquileia e annullò il diploma precedente.
A Venezia iniziò a crescere il malcontento. I cittadini veneziani iniarono ad accusare il nuovo doge di non essere in grado di avere una relazione amichevole con l’imperatore Corrado II e il commercio veneziano iniziava a subire dei danni.
A questo si aggiungevano i “maneggi” dei seguaci di Orseolo. Gli Orseoli avevano l’appoggio dell’imperatore d’Oriente Romano Argiro, La sorella dell’imperatore, Maria, era moglie di Giovanni Orseolo, figlio di Pietro I Orseolo
Pietro Centranico esiliato
Dopo solo quattro anni di governo, Centranico venne deposto, rasato e mandato a Costantinopoli. Approfittando dell'assenza da Venezia di Domenico Flabanico, responsabile della deposizione di Ottone Orseolo, nel 1030 gli Orseolo catturarono il doge, gli rasarono barba e capelli e lo esiliarono a Costantinopoli, richiamando in patria il loro parente.
Ottone Orseolo non rientrò subito ma nominò reggente suo fratello Orso, patriarca di Grado; dopo un anno Ottone Orseolo morì in esilio e la sua famiglia elesse allora al dogado Domenico Orseolo. Il giorno successivo, l'assemblea popolare elesse invece Domenico Flabanico e Domenico Orseolo fuggì.
L’assemblea popolare non gradì la presa di potere degli Orseolo obbligando Domenico alla fuga a Ravenna.
La Situazione Politica e Sociale di Venezia Prima al tempo di Ottone Orseolo
All'inizio dell'XI secolo, Venezia si trovava in una fase di trasformazione e crescita, sia dal punto di vista politico che sociale.
In questo periodo, Venezia era formalmente sotto il controllo dell'Impero Bizantino, ma la sua autonomia era già significativa. Governata come un ducato, la città era amministrata dal Doge, una figura eletta, ma fortemente influenzata dalle potenti famiglie nobili veneziane. Questo sistema di governance era complesso e spesso segnato da conflitti interni tra le famiglie nobili che cercavano di aumentare la loro influenza e controllo sulle risorse e sulle decisioni politiche della città. Le lotte per il potere erano comuni, ma contribuivano anche a un equilibrio politico che evitava la concentrazione eccessiva del potere in una sola famiglia.
Sul fronte sociale, Venezia stava vivendo un periodo di notevole crescita demografica ed economica. La sua economia era fortemente incentrata sul commercio marittimo, grazie alla posizione strategica che la rendeva un ponte tra l'Oriente e l'Occidente. La crescente prosperità economica attirava persone da diverse regioni, aumentando la popolazione e la diversità culturale della città. La società veneziana era chiaramente stratificata, con una nobiltà mercantile che deteneva il potere economico e politico, mentre la popolazione comune, composta principalmente da mercanti, artigiani e marinai, contribuiva alla vitalità economica della città.
La cultura veneziana del periodo era fortemente influenzata dalla vicinanza e dai rapporti con l'Impero Bizantino. Questa influenza si manifestava nella religione, nell'arte e nell'architettura. Le chiese e gli edifici pubblici della città riflettevano uno stile che combinava elementi occidentali e orientali, creando un unicum architettonico. La Chiesa cattolica aveva un ruolo centrale nella vita quotidiana e politica della città, influenzando le decisioni e le leggi attraverso una presenza capillare nel tessuto urbano.
S.Romanin, Storia documentata di Venezia, Tomo 1, 1853
Treccani, Famiglie e affermazione politica
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