Enrico II il Santo morì il 13 luglio 1024. Gli succede Corrado II di Franconia

Enrico II il Santo morì il 13 luglio 1024. Gli succede Corrado II di Franconia. La Constitutio de feudis

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Argomenti trattati

L’ascesa di Corrado II il Salico

   La linea del tempo

   La morte di Enrico II il Santo

   I conflitti alla morte di Enrico II il Santo

   Chi era Corrado II il Salico

   La politica di Corrado il Salico

   La discesa di Corrado II in Italia nel 1036

   La Constitutio de feudis



La linea del tempo

L’epoca di Enrico II il Santo. (azzurro) Imperatori dei romani, (blu) Re d’Italia, (giallo) papa in carica, (rosso) margravio di Verona, (arancione) patriarchi di Aquileia. Clicca sull’immagine per ingrandire

La morte di Enrico II il Santo

Enrico II il Santo morì il 13 luglio 1024 a Grona, in Germania.

La causa della morte non è del tutto chiara. Secondo alcuni storici, Enrico morì di una malattia cardiaca. Altri ritengono che sia stato avvelenato. Indipendentemente dalla causa, la morte di Enrico II fu un evento significativo per il Sacro Romano Impero in quanto fu l'ultimo esponente della dinastia degli Ottoni, e la sua morte segnò la fine di un'era di relativa stabilità e prosperità.

I principi elettori si riunirono ad Aquisgrana il 7 agosto 1024 per eleggere il nuovo imperatore. La scelta cadde su Corrado II il Salico, duca di Franconia.

I conflitti alla morte di Enrico II il Santo

La morte di Enrico II il Santo, avvenuta il 13 luglio 1024, causò un periodo di disordini in Italia. Il sovrano era riuscito a mantenere un certo equilibrio tra le forze feudali e l'autorità imperiale, ma la sua scomparsa lasciò un vuoto di potere che fu rapidamente colmato da conflitti e tensioni.

L’Italia era divisa in numerosi feudi, ciascuno governato da un signore locale, che spesso rivaleggiavano tra loro.

La città di Pavia fu sconvolta da una serie di disordini. La popolazione, infatti, era insoddisfatta della politica imperiale di Enrico II, che aveva cercato di rafforzare l'autorità imperiale a discapito dei diritti dei comuni italiani.

I disordini iniziarono il giorno stesso della morte di Enrico II, quando una folla di cittadini si radunò davanti al palazzo imperiale, chiedendo la testa del conte di Pavia, Alberto Azzo II d'Este, che era considerato un fido collaboratore dell'imperatore. Il conte fu costretto a fuggire dalla città, e il palazzo imperiale fu incendiato.

I disordini continuarono nei giorni successivi, e si estesero ad altre città del nord Italia. A Milano, la folla si ribellò al governo imperiale e proclamò la propria autonomia.

I disordini a Pavia e in altre città italiane furono un segno della crescente insoddisfazione della popolazione nei confronti del dominio imperiale. Essi segnarono l'inizio di un periodo di conflitti tra l'imperatore e i comuni italiani, che culminò nella battaglia di Canossa del 1077.

In ogni caso con l'affermazione di Corrado II veniva ad essere ribadita l'unione fra le corone regie di Germania e di Italia, che era stata avviata da Ottone I. Si riaffermava l’unione del del Regno Italico e quella della corona imperiale, con le sue implicazioni ideologiche connesse all'eredità romana e al controllo della chiesa, divennero, nel corso del secolo XI, essenziali al processo stesso di identificazione e di affermazione del Regno di Germania.

Chi era Corrado II il Salico

Corrado II di Franconia, detto il Salico o il Vecchio è stato re dei Franchi Orientali dal 1024 al 1039, re d'Italia dal 1026, imperatore del Sacro Romano Impero dal 1027 fino al 1039 e re di Borgogna dal 1032. Fu il primo imperatore della dinastia salica.

Corrado II il Salico, nato intorno al 990 a Spira, in Germania, era figlio di Enrico di Spira, duca di Franconia, e di Adelaide di Metz. Fu educato alla corte di Enrico II il Santo, imperatore del Sacro Romano Impero.

Corrado proseguì con coerenza la politica del suo predecessore Enrico II, e rafforzò la potenza dell'Impero. Anch'egli si appoggiò alla Chiesa, evitando di violare le prerogative del papa. Nonostante molte ribellioni, il suo potere non fu mai realmente in pericolo

Non è ben chiaro come Corrado sia riuscito ad imporsi, nonostante il suo potere limitato e la sua scarsa influenza. Probabilmente influirono motivazioni dinastiche: era opinione comune che la casata di Corrado fosse imparentata con i Carolingi.

Corrado II il Salico, imperatore del Sacro Romano Impero dal 1027 al 1039, fu un sovrano forte e capace che riuscì a riportare la pace e la stabilità in Italia, dopo un periodo di conflitti e di disordini. In particolare, si impegnò a pacificare la Lombardia, che era stata teatro di una lunga serie di scontri tra l'autorità imperiale e i comuni italiani.

Corrado II iniziò la sua politica di pacificazione in Lombardia nel 1026, quando fu incoronato re d'Italia a Milano. In quell'occasione, promise di rispettare i diritti dei comuni italiani, e di non interferire con la loro autonomia.

La politica di Corrado il Salico

Corrado fu un imperatore energico e ambizioso, che si impegnò a rafforzare il potere imperiale in Germania e in Italia. In Germania, riuscì a sottomettere i feudatari ribelli e a consolidare il dominio della sua dinastia. In Italia, si scontrò con l'arcivescovo di Milano, Ariberto d'Intimiano, che rappresentava l'opposizione alla sua politica.

Corrado fu anche un importante promotore della riforma ecclesiastica, che mirava a limitare il potere dei vescovi e dei monasteri. In questo contesto, promulgò la Constitutio de feudis, che stabiliva che i feudi minori fossero ereditari, in modo da rafforzare il legame tra i feudatari e l'imperatore.

Nel campo della politica ecclesiastica la sua linea non si discostò da quella del predecessore, che considerava la Chiesa una parte integrante dell'Impero, e di conseguenza disponeva degli uffici e delle proprietà ecclesiastiche. Le elezioni dei vescovi divennero una pura formalità. Era la volontà dell'Imperatore ad essere determinante. Inoltre Corrado spinse la Chiesa a maggiori cessioni materiali.

Come Enrico, anche Corrado era favorevole al movimento di riforma ecclesiale, volto tra l'altro a contrastare un eccessivo arricchimento dei monasteri.

La discesa di Corrado II in Italia nel 1036

I conflitti accesisi nel Regno Italico, particolarmente a Milano, ove i vassalli minori, aiutati da signori rurali, si erano ribellati al loro signore, l'arcivescovo Ariberto, avevano spinto i contendenti a sollecitare l'intervento dell'imperatore, intervento che era stato preparato nella dieta di Nimega del luglio 1036.

Verso la fine dell' anno Corrado II scese in Italia; nel marzo del 1037 l'arcivescovo, che aveva bene accolto l'imperatore, fu convocato al tribunale regio in Pavia e poi imprigionato. Milano, ribellatasi, fu assediata.

Nel corso dell'assedio, Corrado aveva la necessità di legare a sé i vassalli minori e di legittimare quelle forze sociali che non riusciva a reprimere: emanò l'Edictum de beneficiis (Constitutio de feudis).

La Constitutio de feudis

La Constitutio de feudis è un documento emanato sotto forma di costituzione imperiale dall'imperatore del Sacro Romano Impero, Corrado II il Salico di Sassonia, il 28 maggio 1037 a Cremona, in concomitanza con l'assedio di Milano.

Il documento venne redatto allo scopo di smorzare le ribellioni dei vassalli italiani dell'imperatore e andava a regolare il diritto di successione feudale per i feudi minori

Il documento stabiliva che il feudo concesso non era revocabile se non per giusta causa e i feudatari minori potevano venir giudicati dai loro pari ed era possibile far ereditare i loro possedimenti ai propri figli, anche se donne o minori.

Veniva mantenuto un vincolo di tutela dei feudatari maggiori sui feudi dei loro vassalli riconoscendo ai signori il diritto di fissare una tassa sull'eredità del feudo del vassallo a lui sottoposto, conservare il controllo del feudo fino alla maggiore età dell'erede o fino a che, se donna, non abbia sposato un partito gradito.

La Constitutio de feudis contribuì ad accrescere l'indipendenza dei feudatari poiché i feudi minori furono posti sullo stesso piano di quelli maggiori.

I seniores, titolari del diritto effettivo di proprietà dei beni concessi in beneficio o diritto eminente, non potevano privare i loro vassalli dei benefici senza un motivo valido

Si stava radicando la concezione patrimoniale, o feudo-patrimoniale, che coincideva anche con la diffusione, nel corso del secolo XI, del termine feudum, che rifletteva il nuovo concetto giuridico di un diritto reale del vassallo sul bene concesso in beneficio.

 

Pio Paschini, Storia del Friuli, vol. 1, 1935

Andrea Castagnetti, L’età precomunale e la prima età comunale (1024-1213) in Il Veneto nel medioevo, 1991



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