Pipino, re d’Italia, attacca Venezia

 

Nell’810 ci fu la lunga guerra tra Franchi e Veneziani. Al termine ne uscirà una nuova realtà lagunare. 8 luglio 810 muore Pipino d’Italia

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A Venezia c'erano due fazioni, una favorevole all’impero bizantino, un’altra a favore dell’impero d’occidente. La città viveva ormai una autonomia quasi totale da Bisanzio, ma deveva giostrarsi tra le due “superpotenze” mondiali dell’epoca.

 

Nell'805, ad Aquisgrana, si sancì il passaggio della Venezia marittima e della Dalmazia dalla sfera d'influenza bizantina a quella franca.

 L'Imperatore bizantino Niceforo I, che solo poco tempo prima aveva firmato la pace con Carlo Magno, non lasciò la questione irrisolta, ma, con un'azione a sorpresa inviò una flotta condotta da Niceta in Dalmazia, che fu rapidamente riconquistata; Niceta si fermò poi a Venezia, dove ricondusse il doge Obelerio all'obbedienza e firmò una tregua di un anno con i Franchi.

Nell’806, Carlo Magno decide di dividere il regno fra i suoi tre figli.

Carlo ebbe cinque mogli “ufficiali” e almeno 18 figli.

Carlo non ignorò la tradizione franca che prevedeva la spartizione dell'eredità paterna fra tutti i figli maschi e per questo, come aveva già fatto suo padre Pipino, stabilì la suddivisione del regno tra i suoi tre figli Carlo, Pipino e Ludovico.

Il 6 febbraio fu emanato un testamento politico, la “Divisio regnorum” con il quale veniva definita la spartizione dell'impero dopo la morte di Carlo.

Il primogenito Carlo, il figlio maggiore, che già aveva acquisito una certa esperienza sia militare che di governo,era destinato ad ereditare il regnum francorum, comprendente la Neustria, l'Austrasia, la Frisia, la Sassonia, la Turingia e alcune aree settentrionali della Borgogna e dell'Alemannia: si trattava della parte più importante dell'impero, e infatti spesso Carlo affidò al primogenito spedizioni militari di un certo rilievo e se lo affiancò in altre campagne, pur senza mai assegnargli il governo di una regione, come aveva fatto per gli altri figli.

Pipino spettava il Regno d'Italia, la Rezia, la Baviera e l'Alemannia meridionale: la zona più delicata da un punto di vista politico, a stretto contatto con la Chiesa e con gli Stati bizantini del meridione d'Italia. A Ludovico era assegnata l'Aquitania, la Guascogna, la Settimania, la Provenza, la Marca di Spagna tra i Pirenei e l'Ebro e la Borgogna meridionale: era la zona di frontiera più delicata da un punto di vista militare, a contatto con i governi islamici di Spagna, ma Ludovico non fu sempre all'altezza della situazione.

Nell’806 l’imperatore Niceforo reagì all’atto di Aquisgrana.

Niceforo inviò una flotta per riprendersi la Dalmazia e per bloccare Venezia. Niceta approdò a ridosso delle isole veneziane e ben presto tornarono bizantine.

Consapevole della superiorità bizantina in mare, e della mancanza di una vera flotta, Pipino firmò a armistizio con il comandante Niceta della flotta di Costantinopoli.

Nell’809 una nuova flotta bizantina sotto il comando di Paolo arrivò a Venezia.

Paolo tentò di conquistare Comacchio ma fu respinto da una guarnigione di Pipino.

La reazione franca fu determinata anche dall'atteggiamento ambiguo del doge Obelerio, incerto se allearsi con una o l'altra potenza. Obelerio era un esponente filo-franco ma l'arrivo della flotta bizantina a Venezia lo aveva fatto passare senza indugi dalla parte di Costantinopoli.

I veneziani, rendendosi conto del pericolo chiusero il passo dei canali utilizzando qualsiasi mezzo.

Dall’altra parte Pipino, con l’aiuto dei ravennati, gli abitanti di Rimini, di Comacchio e di Ferrara , avanzò con una flotta nella Laguna.

Allo stesso tempo gli Istriani e i Friulani attaccarono Grado che si arrese. La flotta prese Caorle, Eraclea, Jesolo.

La flotta di Pipino si fermò nei pressi di Malamocco mentre le truppe a piedi e a cavallo erano di supporto sul lido vicino.

I veneziani avevano bloccato tutti i passaggi e per ben sei mesi c’era chi cercava di passare e chi dall’altra parte c’era chi respingeva.

Le cronache raccontano di parecchi scontri in questo periodo.

Lo scontro perdurava fin quando arrivò l’estate.  Tra il calore estivo, al diffondersi di malattie dovute all'aria malsana e l’arrivo della flotta bizantina i Franchi decisero di forzare la situazione di stallo.

Giovanni Diacono, ritenuto l'autore del Chronicon Venetum,  raccontò che

“I Veneziani, vedendo re Pipino avanzare contro di loro con il suo esercito e con il proposito di sbarcare la cavalleria sull’isola di Metamauco (Lido) bloccarono il passaggio con una barriera di pali sporgenti. Così la gente di re Pipino, ridotta all’impotenza, perché non poteva attraversare altrove, si accampò davanti a loro nella terraferma per sei mesi, combattendo con essi ogni giorno. E i veneziani avanzarono con le navi e presero posizione dietro la barriera che avevano costruito, ma Pipino restava con la sua gente sulla riva del mare. E i veneziani combattevano con le frecce e le armi da lancio, impedendogli di attraversare e raggiungere l'isola. Re Pipino, non sapendo cosa fare, si appellò ai veneziani dicendo: “Voi siete sotto il mio potere e la mia protezione, perché voi appartenete alla mia terra e ai miei dominì”. Ma questi risposero: “Noi vogliamo essere i servitori dell’imperatore romano (Bisanzio), e mai saremo i tuoi”. In realtà quest’ultima frase, scritta da Costantino VII pecca di partigianeria e travisa la realtà  e il fatto che i veneziani badassero essenzialmente ai propri interessi.

A questo punto le sorti del conflitto si capovolsero: durante lo scontro finale, avvenuto nelle acque lagunari alle spalle di Malamocco, la flotta franca, impacciata nelle manovre tra gli intricati intrecci lagunari di canali e bassifondi, fu facile preda delle agili imbarcazioni veneziane; gli invasori furono annientati e, secondo la tradizione, il massacro fu tale da lasciare il toponimo canal Orfano presso il luogo dello scontro.

Nel frattempo il duca Caldalao assalì i veneziani con bande friulane e franche nella zona delle paludi situate nei pressi del confine tra Veneto e Friuli.

Le cronache francesi raccontano invece un’altra storia ossia che i Franchi conquistarono Venezia.

E’ vero che i Franchi conquistarono le isole ma non il cuore di Venezia.

Successivamente Pipino si ritirò dalle isole per dirigersi verso la Dalmazia ma cambiò idea quando seppe dell’avvicinarsi della flotta bizantina.

Pipino tornò in Italia e morì l’8 luglio dello stesso anno a Milano a causa di una grave malattia.

Nel frattempo Niceforo, imperatore bizantino, venne a conoscenza delle manovre di Pipino e spedì il suo ambasciatore al fine di trattare con il re franco. Trattando con Carlo Magno vennero accolte le proposte di pace in cambio i veneziani dovettero pagare una somma di denaro annualmente.

Dallo scontro tra questi ultimi e i Franchi, nacque una nuova realtà lagunare.

A conferma di questo, parla anche il trattato di pace tra Venezia e i Franchi (Aquisgrana 812), con il quale veniva riconosciuto all’area il suo storico legame con Bisanzio, oltre che la libertà di commercio per i Veneziani in tutto l’Impero con diritto di possedimenti e protezione, mentre Carlo cedeva in più un tratto di terra ferma lungo il fiume Sile. La nuova Venezia, la Venezia di Rialto, metteva così piede anche nell’immediato entroterra.

 

 

La spedizione di Pipino, re dei Franchi, contro Venezia 

Storia veneta – La disfatta di Pipino, presso Albiola i Franchi sono fermati 

Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858

S.Romanin, Storia documentata di Venezia, Tomo 1, 1853

 

 

 



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Il Placito del Risano è la trascrizione di una sorta di processo verbale, che si tenne nell’anno 804, e che venne intentato dal patriziato istriano al duca Giovanni, rappresentante della corte carolingia in Istria, ed al clero locale per il modo in cui essi avevano inteso applicare il feudalesimo nella regione a danno delle proprietà, delle autonomie e delle prerogative della nobiltà e dei municipi.

Il Placito del Risano


Dalla successione di Pipino alla morte di Carlo Magno. La situazione nella Marca friulana con Cadalao. La vittoria dei Franchi sui popoli Slavi.

Pipino re d'Italia attacca Venezia



 

 

 

 



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