Continua la lotta tra Goti e Bizantini. La popolazione continua ad essere oppressa, decimata dalla fame e dalle pestilenze.

 

Continua la lotta tra Goti e Bizantini. Ildibaldo, nipote del re visigoto Teudi, che governava sulle regioni della penisola iberica, fu indicato come successore a Vitige come re degli Ostrogoti e, de facto, d'Italia. Totila conquistò l’Istria, Trieste e Aquileia e raggiunse Verona

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La guerra gotico-bizantina in Italia: dopo complessi sviluppi militari e diplomatici, Ravenna cadde nelle mani del generale Belisario, ottenne la resa del re goto Vitige, al più tardi nel mese di maggio del 540. Successivamente i bizantini si spinsero rapidamente nella Venetia.

I bizantini sfruttarono il sistema viario imperiale e presero il controllo di quanto restava della via Popilia, della via Annia e della via Claudia Augusta, oltre che di tutte le strade correlate di comunicazione minore.

Probabilmente solo Verona e, più in là, Pavia (Ticinum), continuarono a resistere.

Ildibaldo, nipote del re visigoto Teudi, che governava sulle regioni della penisola iberica, fu indicato come successore a Vitige come re degli Ostrogoti e, de facto, d'Italia.

Il nuovo sovrano goto (che comandava da Verona i Gothi trans Padum resistentes), estese gradualmente, ma rapidamente, la propria autorità sulla attuale Lombardia e la Venetia. In particolare, nell'autunno del 540, Treviso venne riconquistata e proprio nei pressi della città venne inflitta una pesante sconfitta alle truppe bizantine che dovettero sgomberare l'area.

Il nuovo sovrano regnò per circa un anno, sino al 541, prima di essere ucciso da un gepido durante un banchetto di corte.

L’uccisione d’Ildibado avendo prodotto un turbamento di cose, questo Erarico fu dai Rughi subitamente nominato; la qual cosa non piacque punto ai Goti, ma in molti di essi produsse grande scoraggiamento …

Il suo immediato successore fu Erarico, ma ben presto il regno sarebbe passato al nipote Totila.

Procopio scrive che Totila, appena saputo della morte di Ildibaldo, mandò subito a chiedere a Costanziano, comandante bizantino, di dargli garanzia di salvezza in cambio della resa. Il comandante acconsentì.

I Goti si erano resi conto che Erarico non sarebbe stato in grado di portare nuovamente in guerra il loro popolo e chiesero che Totila diventasse sovrano.

Allo stesso tempo Erarico mandò una delegazione a Costantinopoli con l’ordine segreto di resa ma poco dopo venne ucciso e Totila prese il potere.

Il suo vero nome era BADUILA, ma per le sue coraggiose gesta, durate un decennio, gli fu dato (e non solo dai suoi uomini) questo l'appellativo: TOTILA, che significava "l'immortale".

Totila raccolse una compagine di validi uomini pronti a riconquistare i territori perduti.

Guidando 5000 goti, Totila conquistò l’Istria, Trieste e Aquileia e raggiunse Verona.

In realtà i bizantini non avevano il completo dominio dell’Italia ma erano asseragliati in roccaforti, tra queste c’era anche Trieste.

A Verona un generale bizantino, Artabazo, era entrato nella città usurpandola e asserragliandosi con i suoi uomini dietro le potenti mura della fortezza. Totila assediò la città ma Artabazo riuscì a fuggire cercando di raggiungere Faenza. Ma Totila, messosi subito al suo inseguimento, lo raggiunse e lo distrusse.

Successivamente, Totila scese poi a Bologna e si diresse verso il Mugello valicandolo senza problemi. Poi scese su Firenze conquistandola. Il re goto aveva la porta spalancata per tutta l'Italia centrale. Totila non saccheggiò nessuna città o paese, ma vi entrò - riferiscono le cronache anche dei suoi nemici - "esercitando una giustizia proverbiale", "col suo fascino e la sua sicurezza esercitava un nuovo rispetto del tutto sconosciuto alle popolazioni".

Totila, oltre ad essere un guerriero coraggioso e intelligente, si muoveva con abili mosse politiche. Alla delegazione romana disse:

"Come vedete io non faccio il "barbaro" quando entro nelle città non distruggo nulla nè faccio razzie. Quindi quando verrò a Roma, se il senato romano mi accoglie come signore e non come "barbaro" io mi comporto da signore, ma se i pregiudizi mi sono contro, allora Roma me la prendo a mio modo, e purtroppo per voi sarò costretto ad assediarla provocando disagi e sofferenze alla vostra città".

Dello stesso tenore fu il contenuto di una missiva inviata a Costantinopoli a Giustiniano. Ma l'imperatore ricusò ostinatamente di trattare con un barbaro, con un usurpatore dei suoi territori.

Giustiniano o i suoi collaboratori si convinsero che per eliminarlo bisognava attaccarlo inviando un grande esercito e un buon generale. La scelta ricadde nuovamente su Belisario. Bisognava anche fare in fretta, perchè dopo la conquista di Napoli, Totila stava marciando verso le Puglie.

Con la guerra trasferita al centro e al sud dell'Italia, il nord era indifeso e stavano arrivando masnade di barbari di ogni genere che spadroneggiavano in valli e in pianure, dal Friuli fino al Piemonte, razziando e distruggendo quel poco che era rimasto.

Teodeberto re dei Borgognoni o Franchi di Austrasla , approffittando della situazione, si impadronì delle Alpi Cozie, di molti paesi della Liguria e della maggior parte della Venezia alpina.

Belisario raggiunse l’Italia ma non riuscì a sconfiggere il potere di Totila. Nel 550, Belisario chiese di essere esonerato dalla guida dell'esercito bizantino in Italia e rientrò a Costantinopoli. Giustiniano convocò Narsete incaricandolo di sbarazzarsi di Totila a qualsiasi costo. Il generale accettò ma a patto di avere il comando assoluto delle truppe e carta bianca per le eventuali decisioni da prendere una volta in Italia.

Narsete iniziò a prepararsi e riuscì ad avere a sua disposizione la più grande armata mai affidata da Giustiniano a un suo generale. Circa 30-35.000 uomini, pronti a salpare per le coste italiane, seguite da altri navigli che dovevano poi, in ogni caso, nella cattiva sorte costantemente rifornire l'esercito bizantino sulla penisola.

Nel chiedere rinforzi dalle varie province, i bizantini chiesero anche l'aiuto dei Longobardi stanziati in Pannonia, che a loro volta erano stati aiutati dai bizantini nella lotta contro i Gepidi.

Totila stava dominando dal Friuli alla Sicilia e gli venne segnalato lo sbarco di un generale bizantino su Ancona, dalla parte del mare, l'unico porto ancora accessibile ai bizantini. In realtà fu una manovra diversiva di Narsete che stava invece risalendo la Dalmazia per portarsi verso Trieste.

L’avanzata delle truppe di Narsete venne bloccata dalla presenza dei barbari di Teodederto sulle Alpi Giulie che impedirono, di fatto, il tragitto via terra. A questo punto il generale decise di raggiungere la foce del Po attraversando le paludi e la laguna veneta. Alle foci dei vari fiumi e canali gettarono ponti di chiatte, e da un'isola all'altra costruirono un passaggio sopra barche e dromóni. Arrivarono indisturbati a Ravenna. Questa manovra trovò impreparato Totila che in quel momento era diretto ad Ancona.

 

Il mattino del 3 giugno del 552, i due eserciti si scontrarono. Totila fu ucciso e coloro che restarono in vita dell’esercito Goto si disperse.

Ancora per qualche mese ci furono altre scaramucce ma nel 553 venne ucciso anche il successore di Totila, Teja. Con la morte di Teja finì il regno dei Goti in Italia.

L’Italia ritornò bizantina, ma le condizioni del popolo non cambiò: continuò ad essere oppresso, decimato dalla fame e dalle pestilenze.

Narsete governò per 15 anni.

Governò l’Italia finché visse Giustiniano; ma morto costui, e successogli Giustino Il, l’imperatrice Sofia, donna ambiziosa ed avida, decise di allontanare Narsete dall’Italia. Si narra che lei inviasse delle missive minatorie dicendogli: « Torna a filare colle mie ancelle » .Narsete rispose: « Filerò una tela della quale difficilmente si distrigherà l’impero »; ed invitò i Longobardi a scendere in Italia. 

 

Chi ha vinto la guerra greco-gotica?

La guerra si concluse nel 553 con una completa vittoria per i Bizantini.

 

Dopo la fine della guerra greco-gotica, dal 553, Narsete riorganizzò la difesa dell'Italia.

A protezione della pianura padana istituì quattro ducati nelle regioni prealpine.

I ducati vennero probabilmente presidiati da popolazioni barbariche che già risiedevano in quelle zone, con le quali Narsete aveva stabilito accordi in cambio di denaro e di terre da coltivare. I centri direzionali dei ducati si trovavano a Cividale del Friuli (Forum Iulii), Trento (Tridentum), Capiate (Clapiate) e Susa (Segusium).

 


Probabile situazione dell'Italia settentrionale al termine della guerra greco-gotica

 

Giuseppe Mainati. Croniche ossia memorie storiche di Trieste. 1819

Prospero Antonini, Friuli Orientale, 1865

Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858

Lodovico Antonio Muratori, Annali d’Italia e delle opere varie. Volume II. 1838

Massimo Gusso, Autunno del 541 d.C.: da e verso, Treviso alla ricerca di Totila re, La strada regia di Alemagna, 2008

La guerra gotica di Procopio di Cesarea, Volume 1, 1895

Cesare Balbo. Storia d’Italia sotto i barbari. 1856

 

 



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Nel 538 ci fu una gravissima carestia in tutta Italia, in Istria e in Dalmazia. Procopio scrive che in quell’anno ci furono 50000 contadini morti di fame solo nel Piceno e molti di più in Dalmazia ed in Istria. L’epidemia durò molti anni a cicli di 12-15 anni. Si spopolarono intere città.

La peste giustinianea: Friuli e Istria decimate


Con scisma tricapitolino o scisma dei tre capitoli si indica una divisione all'interno della Chiesa avvenuta tra i secoli VI e VII, quando un folto gruppo di vescovi, per lo più occidentali, interruppe le relazioni con gli altri vescovi e con il papa, rifiutando le decisioni del Concilio di Costantinopoli II del 553. La separazione durò circa un secolo e mezzo ed interessò un vasto territorio. Gran parte dell’episcopato latino, tra cui quello di Aquileia, ruppe la comunione con Roma e la Chiesa imperiale

Lo scisma dei Tre Capitoli



 

 



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