Alla morte di Rodoaldo fu nominato patriarca di Aquileia  Giovanni IV di Ravenna.

Alla morte di Rodoaldo fu nominato patriarca di Aquileia  Giovanni IV di Ravenna fedele alla casa di Sassonia.

#medioevo, #FVG, #aquileia, #patriarcato



Argomenti trattati

Il patriarca di Aquileia Giovanni IV di Ravenna

   Introduzione

   Giovanni IV di Ravenna ed il patriarcato di Aquileia

   Il privilegio del 18 giugno 990

   La carta del 28 aprile 1001

   Chi era il conte Verihen?

   Il patriarca Giovanni dopo la morte di Ottone III

   Il patriarca Giovanni e i rapporti con Grado e l’Istria



Introduzione

Alla morte di Rodoaldo, Giovanni venne nominato patriarca di Aquileia probabilmente nel 984 da Ottone II. Rimase in carica fino alla sua morte (19 giugno 1019)

Ottone II morì improvvisamente all'età di ventotto anni in Italia. La morte di Ottone II provocò rivolte contro la stirpe ottoniana sia in Italia che nell'est dell'impero.  La madre di Ottone III, Teofano, funse da reggente dell'impero dal 985 fino alla sua morte.

Nel 21 maggio 996 Ottone III venne incoronato imperatore e morì nel 1002.

Come imperatore Ottone III firmò un diploma con la conferma al patriarca Giovanni dei vescovadi di Concordia, Udine, Cittanova, Rovigno, Pedena e Tersatica

L’epoca di Ottone I di Sassonia. (azzurro) Imperatori dei romani, (blu) Re d’Italia, (giallo) papa in carica, (rosso) margravio di Verona, (arancione) patriarchi di Aquileia. Clicca sull’immagine per ingrandire

Giovanni IV di Ravenna ed il patriarcato di Aquileia

Non si hanno notizie certe sull'origine familiare e sulla provenienza di questo patriarca. Di sicuro Giovanni era un fedelissimo dei sovrani della casa di Sassonia, come a quell'epoca accadeva normalmente per i patriarchi di Aquileia.

 La sua nomina a patriarca d'Aquileia risale con ogni probabilità al 984. Dai pochi documenti superstiti del suo episcopato, emergono i solidi rapporti con l'Impero e la posizione del patriarcato aquileiese in Italia e in Europa fra i secoli X e XI.

Se Ottone I e Ottone II favorirono Rodoaldo, lo stesso fecero Ottone III ed Enrico II con Giovanni.

Lo dimostrano il privilegio del 18 giugno 990, che riguardava la supremazia di Aquileia sull’episcopio di Concordia e sull'abbazia di Santa Maria di Sesto, e soprattutto la carta del 28 aprile 1001, con la quale Ottone III conferiva a Giovanni e ai suoi successori metà della proprietà e dei diritti sul castello di Salcano, sul villaggio di Gorizia e su un’estesa fascia di confine che si allungava tra il Friuli e l'attuale Slovenia; l'altra metà andò al conte Werigand, cosa che diede il via ad una disputa tra i due, in quanto Giovanni non accettò questo conferimento.

Il sovrano però si pronunciò tempo dopo a favore del conte friulano. Giovanni convocò con una relativa frequenza i concili provinciali. Sicuri sono quelli del 995 (Verona) e del 1015 (Aquileia), probabili quelli del 1007 e del 1016.

Giovanni morì il 19 giugno 1019.

Il privilegio del 18 giugno 990

Il privilegio del 18 giugno 990 è il primo documento che nomina il patriarca Giovanni e si tratta di un diploma imperiale dato a Francoforte.

Fin dall'avvento di Carlo Magno, gli ordinari di Aquileia furono cointeressati e coinvolti nelle dinamiche di espansione e di controllo territoriale dei confini orientali dell'Impero. I patriarchi di Aquileia erano continuamente impegnati in un continuo confronto-scontro con le pretese sull'Istria e sul litorale adriatico dei patriarchi di Grado (sostenuti da Venezia) e, a settentrione, con l'intrusione degli arcivescovi di Salisburgo.

La riorganizzazione territoriale operata dagli Ottoni nell'Italia nordorientale, con la creazione della marca veronese-aquileiese aggregata alla Baviera e alla Carinzia, incluse e legittimò ulteriormente il ruolo politico dei patriarchi, accentuandone anche la fisionomia militare. Ottone I e Ottone II potenziarono la posizione di Rodoaldo (963-983), lo stesso fecero Ottone III ed Enrico II con Giovanni. In tal modo i patriarchi di Aquileia diventarono i principali interlocutori dell'imperatore e maglie di una rete di rapporti di dimensione europea, spesso intessuta sul filo di parentele e di vincoli personali.

Il sopraccitato privilegio del 18 giugno 990 era la conferma di un precedente diploma, del 972, e menzionava la supremazia aquileiese sull'episcopato di Concordia (già accordata da re Ugo, nel 928) e sull'abbazia di S. Maria di Sesto.

La carta del 28 aprile 1001

Di notevole rilievo fu la carta del 28 aprile 1001, con la quale a Giovanni e ai suoi successori veniva conferita metà della proprietà e dei diritti sul castello di Salcano, sul villaggio di Gorizia e su un'estesa fascia di confine che si allungava tra il Friuli e l'attuale Slovenia. L'altra metà di tale territorio era affidata al conte Werihen.

Questo documento ingrandiva sempre più il potere feudale del patriarcato aquileiese.

Ottone III concedeva al patriarca Giovanni ed alla sua chiesa, « una volta devastata dalla crudeltà dei barbari ed ora ridotta a grande necessità », la metà del castello di Salcano e della « villa che nella lingua degli Slavi è detta Goriza » colla metà di tutti i territorii e diritti territoriali posti fra l’Isonzo ed il Vipacco, l’Ortona (Vertoiba nella valle del Vipacco) ed i gioghi delle Alpi. Inoltre concedeva tutte le ville che il patriarca Giovanni ed i suoi antecessori avevano edificato dopo l’invasione ungherese nel comitato friulano, comprese quelle del vescovado di Concordia e dell’abbazia di Sesto, colle loro pertinenze ed un circuito di due miglia. Inoltre concedeva tutto l’erbatico che si esigeva da coloro che venivano per erba per Ficaria e Pietrafitta e le chiuse di Venzone ed altrove; aggiungeva per tutto questo la solita immunità. (M. G. H., Diplom. German. II, p. 835, n. 402)

L’altra metà di Salcano e di Gorizia e delle dipendenze vennero concesse al conte Werihen.

Da questo documento risulta che un territorio vasto veniva messo sotto la diretta dipendenza del patriarcato e del conte e doveva comprendere i luoghi di Plezzo, di Caporetto e Tolmino lungo l’Isonzo, quelli posti lungo il Vipacco sino a Vipacco stesso ed i luoghi intermedii e particolarmente la Tarnova.

Chi era il conte Verihen?

Il conte Verihen, secondo ogni probabilità, è quel conte Veriento che tenne placito nell’ottobre 991 « ad traiectum s. Andree iuxta mare », a proposito di certi possessi controversi del vescovo di Parenzo; sarebbe perciò il conte del Friuli-Istria dipendente dal duca di Carintia e marca veronese.

Verihen (* 970 ca.; † 1051 ca.) fu un conte del Friuli e dell'Istria e funzionario del duca di Carinzia.

Il patriarca Giovanni dopo la morte di Ottone III

La morte di Ottone III, avvenuta a Roma il 23 gennaio 1002, mise in subbuglio Italia e Germania. I principi italiani elessero a loro re, il 15 febbraio, Arduino, marchese d’Ivrea; mentre in Germania veniva eletto Enrico, duca di Baviera. Il duca Ottone di Carinzia che, tenendo testa agli Italiani sollevati ricondusse in Germania il cadavere di Ottone III, fu tra i più risoluti sostenitori di Enrico, mentre il suo stesso figlio Corrado si metteva con Ermanno di Svevia, il competitore di Enrico. Successivamente Enrico II fu nominato imperatore

Giovanni appoggiò Enrico II, insieme con i vescovi suffraganei, e il disegno imperiale di erigere una nuova diocesi a Bamberga (Germania) eil 6 maggio 1012 ne consacrò solennemente la cattedrale, contornato da altri trenta presuli. In cambio l'imperatore aveva confermato al patriarca, con un diploma del 30 aprile 1012, il possesso di Pedena e Pisino, in Istria, aggiungendo una serie di prerogative pubbliche e il porto di Flanona (Croazia), con il diritto di libera navigazione in tutte le province dell'Impero per chi avesse navi in esso.

Il patriarca Giovanni e i rapporti con Grado e l’Istria

Si pensa che Giovanni tentò di assoggettare del tutto Grado al patriarcato d’Aquileia. Infatti il Chronicon Aquileiense scrive che Giovanni « proclamò Grado come pieve a sè soggetta davanti ad Enrico imperatore, contro un tal Orso che si diceva patriarca di Grado »

Sotto il patriarca Giovanni ci fu la contesa di Rovigno, in Istria.

Da una lettera diretta da papa Sergio IV ad Andrea, vescovo di Parenzo, nel marzo 1010, sappiamo che durante il pontificato di Silvestro II (999-1003) Giovanni aveva occupato « la parochia di Rovigno, dove si sa che ima volta c’era un vescovado, ed inoltre Due Castelli e Valle » (cioè i possedimenti concessi a Parenzo da Ottone II nel 993). Papa Silvestro aveva citato tre volte il patriarca al suo tribunale, ma invano; perciò aveva pregato Enrico duca di Baviera ad intervenire presso il patriarca; ma anche questa volta senza trovare ascolto. Tuttavia Silvestro aveva confermato al vescovo Andrea quei possedimenti.

Giovanni si atteneva al diploma imperiale del 996; tuttavia Rovigno rimase sotto la dipendenza spirituale del vescovado di Parenzo come Valle e Due Castelli.

 

 Riferimenti

Treccani, Giovanni

Pio Paschini, Storia del Friuli, Vol. 1, 1934

Il curioso caso del diploma di Ottone III del 996

 

 



Articoli correlati



Pin It