Il Patriarca Paolino muore . I suoi successori sono Probino e Elia Greco. Il Patriarca Elia conferma lo scisma
Paolino, rendendosi conto che Aquileia sarebbe stata invasa dai barbari, trasferì la sede a Grado chiamandola Nuova Aquileia.
All’arrivo dei Longobardi in Friuli, molti abitanti si trasferirono ad abitare a Venezia e nelle Isole. Il Patriarca Paolino trasferì la propria sede a Grado, portando con sé le Reliquie dei Santi, il Tesoro e l’Evangelario di San Marco.
Paolino, rendendosi conto che Aquileia sarebbe stata invasa dai barbari, trasferì la sede a Grado chiamandola Nuova Aquileia.
Secondo alcuni studiosi, fu in questa occasione che il Vescovo Paolino si fece chiamare Patriarca. A quei tempi il titolo di Patriarca era utilizzato solo dal Pontefice. Si iniziò ad utilizzare questa parola per indicare che un vescovo comandava altri vescovi.
La parola Patriarca significava Principe dei Padri. Quindi il Vescovo Paolino assunse il nome di Patriarca in quanto capo degli altri vescovi che avevano aderito al suo partito. Inoltre fu eletto Papa dai vescovi scismatici.
Dopo la sua morte e quella del patriarca Probino, il sinodo di Aquileia-Grado elesse nel 571 Elia Greco, anch'egli tricapitolino, a vescovo e patriarca. Alcune fonti indicano che ei primi anni di mandato il Patriarca abitò nel Castello di Cormons ma poi si trasferì a Grado.
In questo periodo la Chiesa di Aquileia divenne capo delle chiese venete e istriane.
Nel 579 papa Pelagio concesse al patriarca Elia la dignità metropolitana sulla Venezia e sull'Istria, al fine di riavvicinare i vescovi al papato romano. La cosa non gli riuscì, anzi Elia convocò nello stesso anno (il 3 novembre) un sinodo a Grado, in occasione della solenne consacrazione della basilica patriarcale di Sant'Eufemia.
I presenti al sinodo furono: Marciano di Oderzo, Leoniano Tiborniense, Pietro di Altino, Vindemio di Concordia, Pietro di Emona, Adriano di Pola, Massenzio Giuliense, Severo Trigestino di Trieste, Solazio di Verona, Giovanni di Parenzo, Arone Aventino, Ingenuo della Rezia II, Agnello di Trento, Vigilio Caravacense, Fonteio di Feltre, Marciano di Pedena.
In questa sede fu deciso di trasferire la sede a Grado e da questo momento si sarebbe chiamata Nuova-Aquileia.
Nel sinodo di Grado venne ribadita la fede inconcussa al concilio di Calcedonia del 451 e ai tre precedenti concili ecumenici, in coerenza con le decisioni prese a suo tempo del precedente patriarca Paolino nel 557.
Dai nomi dei vescovi presenti si osserva che essi rappresentavano tutte le regioni che facevano capo alla Chiesa di Aquileia: la Raetia seconda, il Norico, la Pannonia, oltre che il Friuli, l'Istria e le Venezie.
Il Patriarca Elia, continuando nella sua opera pastorale, fondò una chiesa con un monastero di monaci in una isoletta vicino a Grado chiamata Barbana.
Localizzazione del Santuario di Barbana
Secondo la tradizione, la nascita del santuario della Madonna di Barbana risale all'anno 582, quando una violenta mareggiata minacciò la città di Grado: l'eccezionale evento meteorologico, che allora destò grande stupore e preoccupazione, si inserisce probabilmente nella genesi dell'attuale laguna. Al termine della tempesta un'immagine della Madonna, trasportata dalle acque, venne ritrovata ai piedi di un olmo (o, secondo un'altra tradizione, sui suoi rami), nei pressi delle capanne di due eremiti originari del trevisano, Barbano e Tarilesso. Il luogo era allora relativamente lontano dalla linea di costa e il patriarca di Grado Elia (571-588), come ringraziamento alla Madonna per aver salvato la città dalla mareggiata, fece erigere una prima chiesa.
Attorno a Barbano si formò una prima comunità di monaci (i "barbaniti") che resse il santuario per i successivi quattro secoli. In questo arco di tempo il mare proseguì la sua avanzata: nel 734, da un documento di papa Gregorio III, si apprende infatti che Barbana era già un'isola. La chiesa venne probabilmente ricostruita più volte e la stessa immagine della Madonna, non si sa se una statua o un'icona, andò perduta.
Attorno all'anno mille, ai barbaniti subentrarono i benedettini che ufficiarono il santuario per cinquecento anni. A questo periodo risale la pestilenza che investì Grado nel 1237 e l'origine del pellegrinaggio annuale della città a Barbana
Giovanni F. Palladio degli Olivi. Historie della provincia del Friuli. Vol I. 1660
Francesco di Manzano. Annali del Friuli. Volume 1. 1858
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