Dalla morte di Poppone a Rabenger

Dal 1043 al 1068 si susseguono tre patriarchi di Aquileia. Tutti di origine germanica e tutti sostenitori del Sacro Romano Impero.

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Argomenti trattati

I successori del patriarca di Aquileia Poppone.

   La linea del tempo

   La morte del patriarca Poppone

   Il patriarca Eberardo

   Il patriarca Godebaldo

   Il patriarca Rabenger



La linea del tempo

 (azzurro) Imperatori del Sacro Romano Impero, (blu) Re d’Italia, (giallo) papa in carica, (rosso) margravio di Verona, (arancione) patriarchi di Aquileia, (viola) dogi di Venezia, (verde) patriarchi di Grado. Clicca sull’immagine per ingrandire

La morte del patriarca Poppone

Poppone fu un personaggio di particolare importanza nello sviluppo della vita ecclesiastica e feudale nel Friuli. Anche se non è stato il fondatore del principato ecclesiastico aquileiese, fu importante in quanto creò l’ambiente adatto per la nascita della Patria del Friuli .

Negli ultimi suoi anni Poppo voleva spuntarla contro Grado. Infatti in una sua bolla dell’aprile 1044 papa Benedetto IX narra che Poppo, poco prima della sua morte, « un’altra volta entrò di nascosto nella città di Grado e vi commise un esecrando delitto, cioè incendiò tutta la città colle chiese, ruppe gli altari, rapì i tesori e ciò che rimase dall’ incendio portò seco a modo dei pagani ».

Il patriarca di Grado ne mosse lamento alla Sede Apostolica, ed anche Poppo vi inviò i suoi messi; ma prima che venisse la risposta « per divino giudizio, senza confessione e viatico passò di questa vita ».

Poppo morì dunque di morte improvvisa: ciò avvenne il 28 settembre 1042; fu sepolto nel mezzo della navata centrale della basilica d’Aquileia con una iscrizione laudatoria.

Poppo ci si presenta come un personaggio di particolare importanza nello sviluppo della vita ecclesiastica e feudale nel Friuli. Non lo si può chiamare il fondatore del principato ecclesiastico aquileiese; ma ne preparò il sorgere, colla potenza a cui seppe far raggiungere il patriarcato.

Il patriarca Eberardo

A Poppo successe Eberardo, canonico di Augusta, per promozione del re.

Divenne patriarca di Aquileia nel 1 febbraio 1043, carica che tenne fino alla morte (13 novembre 1048). Fu lungamente in conflitto con il patriarca di Grado per la dipendenza dei vescovi dell'Istria, conflitto che fu risolto a favore di Grado da papa Leone IX.

La decisione di Roma a proposito dell’assalto contro Grado si ebbe solo in un concilio di diciasette vescovi nell’aprile 1044, dietro istanza del patriarca Orso, del doge Domenico Contarmi e del popolo veneziano. Benedetto IX stabilì una volta di più che il patriarcato di Grado doveva continuare ad esistere in perpetuo e che nessun magistrato civile od ecclesiastico doveva usurparne i beni

Non si conosce molto riguardo alle sue azioni a inizio mandato. Nell’autunno 1046 Enrico III scese in Italia e fra i prelati che si raccolsero intorno a lui nel concilio di Pavia del 25-28 ottobre, troviamo anche il patriarca Eberardo.

Eberardo accompagnò il sovrano nel viaggio verso Roma e fu al suo fianco durante quei complicati avvenimenti che nel dicembre a Sutri ed a Roma portarono all’elezione di Clemente II ed alla incoronazione imperiale di Enrico III (24-25 dicembre).

Nel viaggio di ritorno, Enrico III si fermò a Ravenna dove il 7 aprile 1047 tenne placito ed aggiudicò a Giovanni, abate di S. Giovanni evangelista a Ravenna, il castello di Polenta che gli era conteso da alcuni laici. Fra gli altri vescovi fu presente anche il patriarca d’Aquileia con Adalgerio vescovo di Trieste ed il vescovo di Trento.

Eberardo morì il 13 novembre probabilmente del 1048.

Il patriarca Godebaldo

Il monaco e storico Ermanno di Reichenau, detto il Contratto, riporta  nel 1049 che « morto Eberardo intorno a questo tempo, venne promosso dall’ imperatore a patriarca d’Aquileia Godebaldo preposito di Spira ». Rimase in carica fino al 1063

Godebaldo era zio di Enrico III e, prima d’essere preposito, era stato canonico di Eichstàdt, e compare come cancelliere imperiale per l’Italia dal 19 aprile 1048 al 21 dicembre.

Godebaldo non è mai presente ai sinodi presieduti da papa Leone IX, non è difficile affermare che fra i due non corresse buon sangue. Ciò riuscì vantaggioso per Grado.

Infatti nel concilio tenuto a Roma nell’aprile 1053, Domenico, patriarca di Grado « anzi di Aquileia nuova », propose « la querimonia della sua chiesa e di quella di Aquileia »; ed il papa col concilio sentenziò che « Aquileia nuova doveva essere ritenuta in perpetuo capo e metropoli di tutta la Venezia ed Istria... Il vescovo del Friuli doveva starsene contento delle terre longobarde, secondo il privilegio di Gregorio II e la conferma di Gregorio III ».

Aggiunge poi il papa d’avere concesso tanto, all’Aquileiese, soltanto per grazia, « mentre invitato da lui quattro volte non era venuto, né s’ era scusato; mentre il patriarca di Grado, cioè d’Aquileia nuova, era intervenuto cinque volte al sinodo, anche senz’essere invitato »

La vittoria di Grado era troppo radicale perchè potesse essere durevole. Godebaldo tacque per il momento; lo troviamo invece il 5 ottobre 1056 a Bottfeld presso l’imperatore morente insieme con Vittore II, il papa tedesco successore di Leone IX, e col vescovo di Ratisbona: tutti e tre erano stati chiamati espressamente, certo per provvedere agli affari dell’Impero ed alla reggenza a causa della minore età di Enrico IV, figlio del defunto.

Non sappiamo però che prese in quell’ anno Godebaldo a proposito delle contese sorte in Germania per la tutela di Enrico IV; e neppure come si ponesse nei confronti dello scisma suscitato dall’antipapa Cadaloo (Onorio II) contro Alessandro II. Del resto egli morì prima del concilio di Mantova del 1064 che pose termine allo scisma

Il patriarca Rabenger

Rabenger, successore di Godebaldo, deve riconoscersi fra quei personaggi che Annone arcivescovo di Colonia, assai potente in questo momento in Germania, scelse « fra i suoi parenti, amici e cappellani » per farli nominare vescovi in diverse sedi.

Non si conoscono atti particolari a parte un cambio di decime con il vescovo di Bressanone.

Rabenger morì il 18 febbraio 1068.

 

Pio Paschini, Storia del Friuli, vol. 1, 1935

 



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