Il sacco di Aquileia del 452 fu un episodio delle guerre condotte da Attila re degli Unni contro l'impero romano d'Occidente.

 

Nel 401 Alarico, re dei Goti, riuscì a passare il Timavo vincendo il generale di Onorio,  Stilicone, ed Aquileia fu costretta ad aprirgli le porte. Da qui si lanciò alla conquista dell’Italia ma, sconfitto a Pollenzo sul Tanaro il 6 aprile 402 e a Verona, si ritirò nell’Illiria.

Giunse una seconda volta ad Aquileia nel 408 ma vi sostò brevemente perché era diretto a Ravenna dove cercò inutilmente d’ottenere territori per la sua gente e poi a Roma dove penetrò per fortuna o tradimento il 24 agosto 410. Dopo Alarico innumerevoli sono stati gli eserciti e le orde barbariche che hanno attraversato le Alpi Giulie.

L’anno 452 fu uno degli anni più neri della storia di Aquileia e delle Venezie. Attila, re degli Unni, per vendicarsi della sconfitta subita in Gallia sui Campi Catalunici l’anno precedente, radunò un potente esercito di Unni ed altre genti, lasciò la Pannonia con un esercito di settecentomila uomini con l’intento di conquistare l’Italia.

Attila incontrò alcune truppe di Valentiniano (si pensa sul fiume Arsia, attualmente in Croazia). Alcuni scrittori dell’epoca ritengono che il fiume Arsia era troppo lontana da Trieste, più probabile che il fiume interessato fosse il Risano (vicino a Capodistria). I varchi a Trieste erano stretti e facili da difendere ma, nello scontro cun gli Unni, i Romani persero e si ritirarono ad Aquileia. Aperta la strada, gli Unni distrussero Trieste.

 

 

Attila arrivò alla vista di Aquileia pronta a far resistenza. Iniziò l’assedio di Attila. Si narra che dopo tre mesi (c’è chi dice 3 anni, altri 2 anni) di strenua resistenza Attila stesse abbandonando l’idea di prendere la città. Lo storico Giordane narra che l'assedio si protrasse a lungo a causa della strenua resistenza della guarnigione romana, e che l'esercito unno fosse ormai demoralizzato e sul punto di rinunciare all'assedio. Lo stesso Giordane narra che Attila si mise a camminare intorno alla mura, per riflettere se continuare l'assedio o rinunciarci fino a quando vide delle cicogne che con i loro piccoli volavano via da Aquileia.

Interpretandolo come un presagio favorevole, Attila disse ai suoi soldati che a suo dire gli uccelli avrebbero la capacità di prevedere il futuro e che quindi starebbero lasciando la città perché avrebbero presagito che la città sarebbe caduta presto in mano unna. In questo modo incoraggiò i suoi soldati ad assaltare con nuovo vigore Aquileia: attaccando la città con tutte le macchine da guerra a loro disposizione riuscirono in breve tempo a fare irruzione nella città, a devastarla, a dividersi il bottino. Procopio narra che crollò proprio la parte delle mura dove la cicogna aveva fatto il nido prima di andarsene, permettendo agli Unni di penetrare in città. Paolo Diacono narra che la città di Aquileia subì una triste sorte: fu devastata e data alle fiamme, mentre i suoi abitanti furono o uccisi o fatti prigionieri. La popolazione riusci in tempo a fuggire rifugiandosi nell’isola di Grado. Si racconta che ci furono 37000 morti mentre i nobili fuggirono e fondarono la città di Grado.

Durante l’assedio, l’esercito Unno scorazzo nelle zone limitrofe depredando e distruggendo tutto. Le popolazioni spaventate si rifugiarono nelle isole della laguna e fu in questa occasione che sorse la Venezia che oggi conosciamo. In realtà esistevano già degli insediamenti nelle isole venete ma, con l’arrivo di Attila, la popolazione aumentò notevolmente.

 

 

Si narra che in quella occasione Attila ampliò Udine e fece fortificare la Rocca Giulide precedentemente fatta costruire dai romani. Nel caso in cui Attila fosse stato costretto ad abbandonare l’assedio la fortezza avrebbe assunto un’importanza strategica.

L'origine del colle dell’attuale castello di Udine, un significativo rilievo al centro della pianura friulana, è quasi sicuramente dovuto all'accumulo dei detriti nel corso dei secoli. C'è però una leggenda che si tramanda da secoli sulla sua origine: si narra che quando Attila nel 452 saccheggiò Aquileia, al tempo una delle più grandi città dell'impero romano, per godersi lo spettacolo da Udine, ordinò ai suoi soldati di costruirgli un'altura. Ciò fu fatto riempendo gli elmi di ogni soldato di terra, che buttata tutta in uno spiazzo al centro della cittadella diede origine al colle che oggi domina la città.

Successivamente Attila distrusse Concordia che depredò e distrusse. Anche in questo caso parte della popolazione riuscì a fuggire nelle paludi dove edificarono Caorle.

Le città di Altino e Padova subirono la stessa sorte ed Attila non si arrestò che di fronte a Papa San Leone Magno inviato con degli ambasciatori a trattare con l’invasore che convinse a ritornare in Pannonia.

 

“In abito maestoso e Pontificale si portò al cospetto di quel Re. Il calore del santo zelo, congiunto alla naturale eloquenza del religiosissimo Pontefice, ammollì in guisa tale quell’indurato core, che non puote non assentire all’efficaci istanze. Gli concesse la richiesta di pace; e contento di poco tributo, si ricondusse al Regno, per altro camino.”

 

Nel ritorno non passò per Aquileia. Grande certamente fu la rovina della città, ma non fu completamente abbandonata come si pensò a lungo. La vita cittadina riprese. Iniziò tuttavia un lento impaludamento dei terreni circostanti che rese via via più difficile la sopravvivenza in città nei secoli successivi.

 

 

 

  1. Ireneo della Croce, Albrizzi. Historia antica, e moderna : sacra e profana, della città di Trieste : celebre colonia de'cittadini romani. Con la notitia de molt'arcani d'antichità, prerogative di nobilità, e gesti d'huomini illustri, privilegi della città, 1698
  2. Giuseppe Mainati. Croniche ossia memorie storiche di Trieste. 1819
  3. Giovanni Candido. Commentarii….dei fatti d’Aquileia. 1544
  4. Giovanno F. Palladio degli Olivi. Historie della provincia del Friuli. Vol I. 1660
  5. Paolo Morosini. Historia della citta e republica di Venetia distinta in libri 28. 1637