Da Alboino a Gisulfo I del Friuli

Alboino e la sua stirpe

Da Audoino ad Alboino. Il matrimonio di Alboino.

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Il re dei Longobardi Audoino sposò Rodelinda (pronipote di Teodorico il Grande). Dal loro matrimonio, intorno al 530, nacque Alboino.

Nel 552 morì Turisindo, re dei Gepidi. Il suo successore, Cunimondo, ruppe il trattato con i Longobardi e scelse la guerra. Alboino, prima di affrontare i Gepidi, strinse un patto perpetuo con gli Avari concordando che quest’ultimi avrebbero dovuto invadere la terra dei Giapidi. Cunimondo fu attaccato su due fronti ma decise di combattere contro i Longobardi. Vinsero i Longobardi ed i Gepidi furono annientati.

Quando Audoino morì, salì al trono Alboino (intorno al 560-565).

Il matrimonio di Alboino

Nell Historiarum Libri di Gregorio di Tours viene fatta menzione del re Alboino (salito al trono tra il 560 e il 565 e morto nel 572):

Alboenus quoque rex Langobardorum Chlothsindam, filiam regis [il re dei Franchi Clotario], accepit.

Alboino re dei Longobardi, prese in moglie la figlia del re Clodosvinta.

Clodosvinta era l'unica figlia femmina del re dei Franchi, Clotario I, e della sua terza moglie, Ingonda, che il vescovo Gregorio di Tours (536–597), menziona senza citare le sue ascendenze.

Il re longobardo sposa quindi Clodosvinta. Bisogna sottolineare come Alboino sia definito sin da subito rex e sul piano della terminologia sia posto allo stesso livello di Clotario, elemento importante che sottolinea come all’interno dell’opera di Gregorio la realtà longobarda venisse equiparata ai Franchi. Il periodo è quello precedente all’arrivo in Italia Ma Alboino si era già distinto in battaglia ed il re dei Franchi Clotario gli diede in matrimonio sua figlia. Dalla quale ebbe soltanto una figlia di nome Alpsuinda.

Il matrimonio stesso è una testimonianza di come i due popoli fossero collocati su un piano paritario, dato che instaurare legami politici con altri popoli era di fondamentale importanza sia per i Longobardi sia per i Franchi.

La storiografia colloca il matrimonio di Alboino e Clodosvinta nel 555, quando ancora il padre di Alboino era in vita e quindi egli non era re, mentre Gregorio nel testo parla esplicitamente di Alboino come rex.

Nel 567, Alboino uccise Cunimondo e con la sua testa ne fece una coppa per bere.

Successivamente catturò la figlia di Cunimondo, Rosemunda, e la prese in sposa.

Alboino e la sua famiglia

Alboino e la sua famiglia - clicca sulla figura per ingrandire

Nel frattempo Narsete, che allora governava in Italia, stava preparando la guerra contro Totila, re dei Goti. Narsete inviò degli ambasciatori ad Alboino per richiedere delle truppe ausiliarie per combattere contro i Goti in quanto c’era un’alleanza con i Longobardi. Alboino inviò degli aiuti.

Narsete richiese nuovamente l’aiuto dei Longobardi qualche anno dopo.

Narsete, tormentato dall’astio e dalla paura, si era rifugiato a Napoli ed inviò degli ambasciatori ad Alboino, invitandolo ad abbandonare le terre della Pannonia e impadronirsi dell’Italia.

I Longobardi accettarono con gioia l’invito.

Paolo Diacono racconta che in Italia comparvero terribili prodigi durante la notte, cioè si videro nel cielo delle strisce di fuoco, sfavillanti di quel sangue che poi fu versato

 

In seguito all’arrivo e al successivo stanziamento dei Longobardi in Friuli (568) alcuni passi delle Historiarum Libri di Gregorio di Tours ci restituiscono un clima di grande conflittualità che caratterizzava i rapporti tra Franchi e Longobardi.

Anno 569. Dunque spingendosi i Longobardi nelle Gallie, il patrizio Amato, che poco tempo prima era diventato successore di Celso, si diresse contro di loro e data battaglia si volse in fuga e lì morì. E dicono che tanta fu la strage che i Longobardi fecero dei Burgundi, che non si poté contare il numero dei morti; e ricolmi di bottino scesero nuovamente in Italia. […] (da Historiarum Libri di Gregorio di Tours)

In questo periodo non erano infrequenti le scorribande dei Longobardi nei territori dei Franchi e dei Burgundi, i cui esiti, come ci riferisce Gregorio, avevano fortune alterne per coloro che vi si dedicavano.

 

GISULFO I

Il primo centro del ducato longobardo fu Forum Julii (Cividale). Il territorio fu affidato al nipote di Alboino, GISULFO (o Gisolfo).

Primo duca longobardo del Friuli, Gisulfo faceva parte certamente della famiglia regia, ma nulla conosciamo riguardo alla sua nascita e ai primi anni della sua vita.

Si inizia a parlare di Gisulfo quando, nella primavera del 568 o del 569. Alboino, il sovrano che aveva condotto le eterogenee truppe barbare alla conquista dei territori italici, una volta penetrato in Friuli aveva scelto Gisulfo per governare il Friuli. Gisulfo, marphais di Alboino, era preoccupato per l'incarico affidatogli, pose, quali condizioni, di poter scegliere i gruppi parentali (farae) più saldi e le migliori mandrie di cavalli; Alboino acconsentì e innalzò Gisulfo al titolo e agli onori ducali.

Come racconta Diacono, Gisulfo era un uomo capace di affrontare ogni situazione.

Fu perciò il primo duca longobardo non solo del Friuli, area di indubbia importanza strategica e primo ducato a noi noto, ma dell'intero territorio italico.

E’ sicuro che ci fosse un vincolo di parentela con Alboino.

La progressiva longobardizzazione di gran parte della penisola conobbe fasi alterne e fu caratterizzata da un periodo di discontinuità nel governo regio; il decennio 574-584 è storiograficamente ricordato come di "anarchia ducale".

 In quel periodo Gisulfo era ancora vivo e lo stesso Paolo lo menziona indicandone l'incarico ducale per il Friuli

Dopo la morte di Clefi, i Longobardi furono privi di re per dieci anni, restando sotto il governo dei duchi. Ciascuo dei duchi, infatti, dominava una sua città: Zaban Pavia, Vallari Bergamo, Alichis Brescia, Evin Trento, Gisulfo Cividale”.(Hist. Langob., II, 32).

Non si hanno altre notizie su questo duca. Molto probabilmente ha vissuto nelle tradizioni longobarde tra la nobilitas longobarda.

E' assai probabile che proprio sotto il ducato di Gisulfo abbia avuto inizio la « terza fase religiosa » dei Longobardi, caratterizzata dall'alternarsi di re ariani a re cattolici.

La prima fase si svolse fuori dell'Italia ed è quella interamente pagana; la seconda inizia prima della conquista italiana e segna l'adesione « ufficiale» dei Longobardi al cristianesimo ariano; la quarta ed ultima fase si concluderà a partire dal 671 circa, con la piena adesione del re e del regno al cattolicesimo.

La Chiesa di Roma sollecitava una conversione generale, ma la situazione politica, così fluida, sconsigliava gli stessi sovrani cattolici a tentare la prova, temendo essi una reazione di quei ducati la cui popolazione era, nella sua quasi totalità, ariana.

Ed il Friuli doveva trovarsi proprio in questa situazione.

Le scoperte effettuate a Cividale di tombe dentro le mura e presso le chiese, testimoniano dal canto loro che i Longobardi di un certo rango sociale (ciò è desumibile dalla particolare ricchezza dei corredi funebri recuperati), assorbirono, a contatto con popolazioni di antica tradizione, l'usanza di offrire la pace eterna ai loro morti, seppellendoli nell'ambito di edifici cultuali, sin dalla fine del VI secolo.

Di Gisulfo si perdono le tracce durante il periodo di intraprendenza ducale. Gogo, maggiordomo del re Childeberto II d'Austrasia, forse nel 581 - la data è incerta - fece pervenire una lettera a Grasulfo, fratello di Gisulfo: potrebbe forse voler significare che a quell'epoca Gisulfo era già morto e Grasulfo lo aveva sostituito nell'incarico ducale.

Sappiamo altresì che in una lettera a Childeberto re dei Franchi, inviata probabilmente dall'esarca Romano nel 590 circa (Epistolae Austrasicae, n. 41), ci si riferisce ormai a "Gisoulfus, […] dux, filius Grasoulfi", cioè a Gisulfo (II).

 

 

Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, Edizioni Studio Tesi, 1990

 Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 56 (2001)

Mario Brozzi, I duchi longobardi del Friuli, Memorie storiche forogiuliesi, 1972, vol 52, 11-32

Andrea Galletti, Visti da fuori. La rappresentazione dei Longobardi nelle narrazioni del regno dei Franchi., Università di Bologna, 2016

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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