L’impatto dei cambiamenti climatici in regione: ecosistemi marini

 

 

Le emissioni di gas serra e i conseguenti cambiamenti climatici globali hanno conseguenze rilevanti sulle risorse marine naturali e sui servizi ecosistemici marini.

In ambito regionale i macro impatti previsti sono relativi all’alterazione delle caratteristiche e dei processi chimico-fisici e all’alterazione delle comunità ecologiche e delle reti trofiche, fenomeni che probabilmente riguarderanno tutto l’Adriatico settentrionale con le sue lagune.

 

 

 

Impatti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini, descritti a livello nazionale

CAUSE. Riscaldamento delle acque superficiali. IMPATTO. Aumento della temperatura media globale delle acque superficiali. Nel periodo 2021-2050 tutte le aree costiere italiane saranno caratterizzate da un aumento di temperatura rispetto al periodo di riferimento 1981-2010. Per l’ Adriatico tale aumento avrà valori compresi tra 1.5° e 2°C.

CAUSE. Alterazione del regime delle precipitazioni. IMPATTO. Aumento della salinità superficiale. Il decremento significativo degli apporti fluviali dovuto alla riduzione delle precipitazioni determinerà un aumento evidente della salinità superficiale soprattutto nelle aree costiere caratterizzate dalla presenza di lagune ed estuari. Pertanto si assisterà ad una marinizzazione degli ambienti lagunari e all'intrusione del cuneo salino nella rete d'acqua dolce. La conseguenza sarà una diminuzione delle superfici occupate dalle specie mesoaline, con un cambiamento radicale della composizione delle biocenosi acquatiche

CAUSE. Modificazioni termiche delle masse d'acqua. IMPATTO. Alterazione della circolazione delle masse d'acqua. Alterazione dei cicli vitali e riproduttivi delle specie di vertebrati e invertebrati marini

CAUSE. Aumento della CO2 atmosferica. IMPATTO. Riduzione del pH delle acque marine. Alterazione nella componente scheletrica degli organismi

CAUSE. Modificazioni termiche delle masse d'acqua. IMPATTO. Decremento del livello di ossigeno disciolto. Alterazione della biodiversità e della struttura dei popolamenti planctonici e bentonici; morie di organismi; alterazione cicli biogeochimici

CAUSE. Modificazioni termiche delle masse d'acqua. IMPATTO. Diminuzione della produzione primaria in colonna d'acqua. Riduzione del fitoplancton ed aumento percentuale delle forme microalgali più piccole.

CAUSE. Modificazioni termiche delle masse d'acqua, aumento CO2 atmosferica, innalzamento livello del mare. IMPATTO. Modificazione degli habitat vegetati. I cambiamenti del livello del mare, della salinità, della temperatura, della CO2 atmosferica e delle radiazioni UV possono alterare la distribuzione, la produttività e la composizione degli habitat vegetati a macroalghe e fanerogame marine. I potenziali cambiamenti nella distribuzione e struttura di tali habitat possono avere implicazioni importanti sul biota.

CAUSE. Modificazioni termiche delle masse d'acqua.  IMPATTO. Comparsa e insediamento di specie aliene. Diminuzione della resilienza degli ecosistemi marini con conseguente minore capacità di contrastare l'insediamento di specie non indigene.

CAUSE. Modificazioni termiche delle masse d'acqua.  IMPATTO. Comparsa e insediamento di specie indigene termofile. Aumento dell'importanza delle specie indigene termofile che possono incidere negativamente sulle comunità autoctone, soprattutto ad indole fredda, con ripercussioni sull'equilibrio degli ecosistemi marini ed impatto sul settore ittico

 

Tali alterazioni, determinate essenzialmente dall’aumento della CO2 atmosferica, dal riscaldamento delle acque superficiali, dalla modificazione del regime delle precipitazioni e dall’innalzamento del livello medio del mare, porteranno presumibilmente ad un aumento della temperatura media globale delle acque superficiali e della salinità con conseguente alterazione della circolazione delle masse d’acqua, nonché al decremento del livello di ossigeno disciolto al fondo.

Come conseguenza si prefigura una ulteriore diminuzione della produzione primaria ad opera del fitoplancton, la modificazione degli habitat vegetati al fondo, nonché la comparsa e l’insediamento di nuove specie aliene e di specie indigene termofile a scapito della componente autoctona ad indole più fredda. Tali fenomeni sono già rilevabili in varia misura da almeno un ventennio nelle acque del Golfo di Trieste e nella Laguna di Marano e Grado e potranno via via acuirsi.

 

 

 

Il ricambio generale delle acque dell’Adriatico è garantito da un circuito ciclonico (antiorario) di correnti stabili nel tempo, determinate principalmente dalle differenze di salinità e temperatura – e quindi di densità – che si stabiliscono tra le acque delle regioni settentrionali e quelle meridionali del bacino.

L’individualità di questi circuiti non ha soltanto riflessi sulla distribuzione delle specie, ma anche sulla distribuzione delle popolazioni, soprattutto pesci, tanto che è possibile distinguere popolazioni del bacino settentrionale, centrale e meridionale, che si comportano distintamente gli uni dagli altri con zone di riproduzione, di accrescimento (nursery) e di pascolo precise e frequentate in ben determinati momenti dell’anno.

 

 

Già a partire dal 1970, però, si sono incominciate a mettere in evidenza sensibili variazioni dei parametri meteoclimatici suscettibili di influenzare l’idrologia del Golfo di Trieste e dell’Alto Adriatico in generale. Nello stesso periodo, una serie di fenomeni biologici come la ricomparsa massiccia del riccio di mare, la frequente segnalazione e/o il soggiorno nel Golfo di specie di indole meridionale come la medusa urticante (Pelagia noctiluca), l’alaccia (Sardinella aurita), la comparsa della vespa di mare (Creseis aciculaI) nell’estate del 1990, la maggior frequenza ed intensità di fenomeni di acque colorate (anni 1975-1985), che rappresentano evidenti episodi di anossia con riflessi anche sulle acque superficiali e morie di organismi bentonici (1983), ecc., sono state considerate risposte biologiche del mare a tali cambiamenti.

In tale contesto, l’aumento generalizzato della temperatura del mare di questi ultimi anni ha notevolmente livellato le stagionalità caratteristiche dell’Alto Adriatico, determinando un rallentamento delle dinamiche di ricambio delle acque, con conseguente aumento del periodo di soggiorno di quest’ultime nell’intero bacino.

 L’instaurarsi di un siffatto assetto idrologico ha determinato inizialmente la segnalazione verso Nord di fauna, soprattutto ittica, a carattere spiccatamente termofilo, per cui parecchie specie, rare o scarse fino ad ora, sono più abbondanti mentre si registrano continuamente nuove presenze. Viceversa alcuni stock di specie ad indole tipicamente boreale (passera di mare e papalina), confinate nell’area più settentrionale del bacino, stanno subendo una sensibile rarefazione.

Tali considerazioni inducono a pensare che già nel periodo citato, fino ad oggi, le modificazioni climatiche osservate abbiano inciso fortemente non solo nella comparsa di certe specie ma anche hanno conferito al nostro mare connotati da mare temperato caldo-subtropicale rispetto alle precedenti caratteristiche di mare temperato, e diminuendo le escursioni stagionali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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