La diffusione dei Celti nell’alto Adriatico

Le testimonianze suggeriscono che, a partire dal III secolo a.C., l’area compresa  fra il fiume Livenza, la cerchia alpina nord-orientale e il mare Adriatico, ci fossero i Gallo-Carni. Tradizionalmente il corso del fiume Livenza è considerato per l'epoca preromana il confine naturale tra le aree di insediamento dei Veneti, a occidente, e dei Gallo-Carni, ad oriente

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La storiografia antica greca e romana ci offre una ricostruzione, sia pure a grandi linee, dei movimenti etnici, della distribuzione geografica e dello stanziamento dei vari gruppi celtici nell'Italia settentrionale, nelle successive fasi della loro espansione, a partire dalla fine del V - inizio del IV secolo a.C.; per quanto riguarda invece il settore nord orientale della pianura padana le informazioni sono alquanto sommarie, compaiono molto tardi e non forniscono ragguagli di sorta circa i modi e i tempi della penetrazione e degli stanziamenti celtici entro I'arco alpino orientale. II territorio che Livio, distinguendolo dal resto della pianura padana, definisce come Venetorum angelus.

Polibio (storico greco nato nel 206 a.C.) si limita a dire che “la parte vicina dell’Adriatico” dell'area orientale della Cisalpina era abitata da molto tempo da una popolazione molto antica, quella dei Veneti, "per costumi ed abitudini poco differenti dai Celti, ma di lingua diversa" .

Le testimonianze da più fonti si pensa che a partire dal III secolo a.C., che l’area compresa  fra il fiume Livenza, la cerchia alpina nord-orientale e il mare Adriatico, ci fossero i Gallo-Carni.

Strabone (60 a.C. – 20 d.C.) fornisce il maggior numero di informazioni sui Carni: "genti che abitano nei pressi del golfo Adriatico, e della zona a ridosso di Aquileia, vale a dire alcuni Norici e i Carni".

La descrizione di Strabone fornisce approssimativamente la posizione dei Carni rispetto alle popolazioni confinanti dei Giapidi , dei Taurisci e dei Norici e rispetto all’Ocra.

L'Ocra viene definito come l 'estremità orientale della catena alpina, che fungeva da confine fra i Carni e i Giapidi ed era il luogo di passaggio di carri di merci attraverso i monti dell'Ocra (ossia delle Alpi Giulie).

 

I confini dell’area carnica. I confini dell’area carnica. Tradizionalmente il corso del fiume Livenza è considerato per l'epoca preromana il confine naturale tra le aree di insediamento dei Veneti, a occidente, e dei Gallo-Carni, ad oriente.

In realtà non c’era un confine così netto. Nel tempo c’è stata una lenta evoluzione: da un'epoca in cui i Veneti dovevano estendersi verso oriente ben oltre il Livenza, sino al confine con gli Istri e Giapidi (dal VII all'inizio del IV secolo a.C.) ad un periodo successivo in cui l'infiltrazione gallica lasciò tracce un po' dovunque nei territori ad est del Livenza.

L'ipotesi di una convivenza e di una mescolanza, per quanto riguarda I'Alto Adriatico, è confortata dal fatto che negli ultimi secoli dell'età del ferro gli abitati più importanti sono santuari oppure empori: si tratta cioè di centri che per definizione attiravano anzitutto la frequentazione, e poi anche l'insediamento, di genti delle più svariate provenienze.

Le testimonianze archeologiche ci forniscono gli elementi per ritenere che i Carni si stanziarono in pianura e verso la costa solo in età tarda, nel III secolo a.C.

I Carni si affacciarono sulla costa adriatica probabilmente durante le guerre puniche ossia quando Roma allentò il suo controllo sul versante adriatico nord-orientale dove tradizionalmente essa tutelava gli alleati Veneti.

In questi luoghi la tradizione celtica si affermò soprattutto nell'ambito della religione con il culto di Beleno, divinità molto venerata nella Gallia Transalpina e nel Norico.

In Istria gli oggetti celtici rinvenuti sono molto rari. Dunque, a quanto pare, Tergeste, meritava già nell'antichità la qualifica di città di frontiera. Come emporio, essa poteva rivaleggiare con Aquileia, con cui divideva l'eredità mercantile dei Veneti; e il fenomeno della coesistenza di genti diverse, caratteristico di tutta la regione, era particolarmente accentuato a Tergeste, che era a contatto anche con gli Istri e coi Giapidi.

 

In conclusione la penetrazione celtica assunse connotati stanziali, una vera e propria “celtizzazione” con un processo di integrazione tra gruppi celtici avanzati e gruppi locali, che avrebbe coinvolto anche le realtà del Caput Adriae.

Anche gli Histri subirono nel tempo un processo di "celtizzazione", a contatto ovviamente con i focolai orientali delle culture celtiche, anche se non mancarono importanti apporti venetici. Come non mancarono presenze e influenze giapodiche, liburniche.

La presenza celtica ha interessato soprattutto l’entroterra di Tergeste

In epoca preromana, l'originario castrum di Tergeste appare dominato dalla presenza venetica.

 

Antichità alto adriatiche, I Celti nell’altoadriatico, 2001

 

 

 



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