Paolino II d'Aquileia fu una figura importante durante l’epoca carolingia

Paolino II d'Aquileia fu una figura importante durante l’epoca carolingia. Visse durante il periodo di transizione che vide il disfacimento del regno longobardo e l'affermarsi del dominio di Carlo Magno, con il quale collaborò, durante la lunga permanenza alla Corte dei Franchi, dal 777 fino al 787, quando fu chiamato a succedere al patriarca di Aquileia Sugualdo

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Paolino II d'Aquileia (Premariacco, 750 circa – Cividale, 11 gennaio 802) è stato un vescovo longobardo, patriarca di Aquileia (che risiedeva a Cividale del Friuli) dal 787 all'802. È venerato come santo dalla Chiesa cattolica che lo ricorda il giorno 11 gennaio.

Paolino fu testimone attivo del passaggio dal governo longobardo a quello franco.

Tra gli aristocratici vicentini e forogiuliesi ( e aggiungiamo quelli di Treviso, data che tale ducato era governato da Stabilicino, suocero di Rotgaudo), vi era una corrente favorevole alla continuità di un regno langobardo autonomo e governato da un sovrano eletto dall'assemblea di iudices (duchi e fideles), contrapposta ad una corrente filo franca.

In sostanza ci furono due gruppi: quelli che ottennero qualche beneficio da Carlo o da un suo fidelis e quelli che stentarono molto per ottener qualcosa, o non ottennero nulla.

Il nome di Paolino figura per la prima volta in un diploma di Carlo Magno, datato Ivrea il 17 giugno 776 (MGH, Dipl. Karol. n° 112), in cui il sovrano lo definisce  «vir valde venerabilis e artis grammaticae magister» (un veneratissimo insegnante di grammatica) e gli concede i beni già posseduti dal longobardo Gualando del fu Immone da Lavariano, che aveva partecipato all’insurrezione antifranca guidata nei primi mesi di quell’anno da Rodgaudo, duca del Friuli, e vi aveva perso la vita.

L’assegnazione dei beni sembrerebbe collegata alla sconfitta della ribellione ed è stata talvolta interpretata come un segno di riconoscimento per il lealismo che Paolino potrebbe avere dimostrato nell’occasione e che abbia fatto parte di un partito friulano favorevole ai Franchi. Il diploma di Ivrea dimostra comunque che Paolino era già in quel momento persona considerata affidabile e degna di stima dalla corte franca, che gli assegnava ampie proprietà proprio nella zona che si era rivelata più difficile da controllare e meno disposta ad accettare il nuovo regime. 

La vita di San Paolino

Nulla sappiamo della vita di Paolino prima di questo momento. In base alla cronologia successiva della sua vita, si può supporre che egli fosse nato intorno al 730-750 ed era certamente di origine italiana.

Una tradizione popolare lo vuole originario di Premariacco, e giunge a indicarne il nome della famiglia (Saccavini).

 Il nome “Paulinus” è evidentemente latino; il fatto che non siano per lui attestati nomi o patronimici germanici, neppure in epoca presumibilmente anteriore all’ordinazione ecclesiastica, rende poco probabile l’ipotesi che fosse di stirpe longobarda.

Possedeva un’ottima formazione retorica ma non si hanno notizie precise su dove essa sia stata acquisita; anche se a Cividale pare essere esistita una scuola nell’ultima età longobarda, il livello di istruzione testimoniato dai suoi scritti potrebbe suggerire una sua frequentazione di scuole di più antica tradizione, come quella certamente attiva in quell’epoca a Pavia. 

Successivamente Paolino visse a lungo in terra franca, dove insegnò e intrattenne strette relazioni con altri intellettuali dell’epoca collegati alla corte carolingia

Con lui può essere identificato il “Paulinus magister” di cui parla Alcuino in un carme scritto dall’Inghilterra fra il 778 e il 781, nel quale chiede scherzosamente a Carlo Magno di proteggerlo dalle sicure maldicenze dei suoi colleghi rimasti sul continente.

Si conosce il nomignolo con cui egli era chiamato in questo ambiente (“Timotheus”), ed è noto che egli godette di grande fama e autorità; attraverso la sua azione – parallela a quella di altri intellettuali italiani, come il grammatico Pietro da Pisa, Fardolfo poi abate di Saint-Denis e Paolo Diacono – l’eredità delle scuole italiane dell’ultima età longobarda venne raccolta in un nuovo progetto di più ampio respiro e contribuì a formare una tradizione culturale europea che durò poi per secoli.

Paolino ebbe relazioni particolarmente strette con Alcuino (filosofo e teologo anglosassone) e con Arnone, vescovo di Salisburgo dal 784.

Fra i suoi allievi vi fu Angilberto, che per la sua importanza fra i poeti della corte carolingia ricevette l’appellativo di “Homerus”.

Paolino nominato patriarca di Aquileia

Il soggiorno di Paolino in terra franca ebbe termine quando egli fu nominato patriarca di Aquileia, probabilmente nel 787; la nomina venne certamente effettuata dall’autorità regia.

L’area aquileiese, posta all’estremo confine del regno franco verso i territori degli Slavi e degli Avari, non ancora cristianizzati, stava diventando sempre più importante dal punto di vista strategico. Sul piano dell’amministrazione civile, Carlo aveva nominato in Friuli un margravio franco in luogo dell’antico duca longobardo, per evitare il ripetersi di rivolte nazionalistiche come quella di Rodgaudo; sul piano ecclesiastico, la nomina di Paolino rispondeva ugualmente all’esigenza di assicurare alla monarchia l’alleanza del patriarcato, retto fino a quel momento dal longobardo Sigualdo, che si era dimostrato tiepido verso il nuovo regime. 

Nominando un patriarca fidato e consapevole delle linee di politica culturale e religiosa carolingie, la corte si procurava inoltre un appoggio decisivo per avviare verso gli Avari e gli Slavi una politica aggressiva. L’attuazione del programma di espansione non si fece attendere: nel 791 Carlo e suo figlio Pipino, che aveva il titolo di re d’Italia, condussero due vittoriose spedizione parallele contro gli Avari, partendo rispettivamente dalla Baviera e dal territorio aquileiese.

Nella sua nuova veste di patriarca, Paolino fu uno dei protagonisti della vita religiosa del regno carolingio.

Si guadagnò fama di teologo autorevole e di saggio pastore e svolse delicati incarichi per conto del sovrano.

Nel 792 partecipò al sinodo di Ratisbona nel quale venne per la prima volta condannata la dottrina adozionista, predicata in Spagna da Elipando di Toledo e Felice di Urgell; in questa circostanza, Carlo Magno riconfermò al patriarcato di Aquileia il possesso dei beni ad esso conferiti dai sovrani longobardi, rafforzandone l’autorità e il prestigio.

Nel 794 fu tra i protagonisti del sinodo di Francoforte, nel quale si giunse a una nuova e più decisa condanna dell’adozionismo. 

Nel 796, dopo avere accompagnato Pipino in una nuova campagna contro gli Avari, Paolino prese parte insieme ad Arnone e ad altri vescovi a un sinodo che si tenne in una località imprecisata “in ripa Danubii”, nel quale vennero trattate varie questioni relative all’evangelizzazione delle regioni assoggettate.

Alla fine del 796 o all’inizio del 797 egli convocò un sinodo a Cividale, cui presero parte i vescovi suffraganei di Aquileia; in questa sede vennero affrontate soprattutto questioni di disciplina ecclesiastica e di regolamentazione matrimoniale.

Nel 799 Paolino compose un lamento celebrativo per la morte di Erich, margravio del Friuli, ucciso nel corso di una spedizione contro alcune tribù slave nella zona del Quarnaro (carme III Norberg).

Secondo la tradizione morì l’11 gennaio dell’802Secondo un’antica tradizione, le sue spoglie riposano nella cripta del duomo di Cividale.

 

Dizionario biografico dei friulani, Paolino

Luigi Zanin, L'EVOLUZIONE DEI POTERI DI TIPO PUBBLICO NELLA MARCA FRIULANA DAL PERIODO CAROLINGIO ALLA NASCITA DELLA SIGNORIA PATRIARCALE, tesi di Dottorato di ricerca in Storia sociale europea dal medioevo all'età contemporanea, Università Ca’ Foscari di Venezia

Carlo Guido Mor, “S. Paolino e Carlo Magno” in: ”Antichità Altoadriatiche XXXII (1988), Aquileia e le Venezie nell'Alto Medioevo - XVIII settimana di Studi Aquileiesi 1987”, EUT Edizioni Università di Trieste, Trieste, 1988, pp. 65-81

 



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