Un Impero, una Rinascita, un'Eredità Duratura

Carlo Magno: Il Padre dell'Europa

Ritratto di Carlo Magno, di Albrecht Dürer

Carlo Magno, dinastia Pipinidi, trasformò un regno in impero e fu incoronato.

Carlo Magno, erede di una dinastia che aveva consolidato il potere franco, trasformò un regno in un impero. Attraverso campagne militari, riforme amministrative e un'alleanza strategica con la Chiesa, Carlo Magno estese i confini del suo dominio e fu incoronato imperatore nell'800. La sua figura divenne simbolo del Medioevo europeo, dando vita a un rinascimento culturale e ponendo le basi per il Sacro Romano Impero.

#AltoMedioevo, #Franchi, #Pipinidi, #CarloMagno, #PipinoilBreve, #CarloMartello, #Irminsul, #Sassoni, #Alcuino, #CarloilGrosso



Argomenti trattati

La dinastia dei Pipinidi

L'ascesa di Carlo Magno: un'eredità di potere e sacralità

L'Ascesa di Carlo Magno: Dalla Divisione Fraterna alla Fondazione di un Impero (768-771)

L'intervento di Carlo Magno nella Penisola Italiana: Un Capitolo Cruciale nella Storia d'Europa

La guerra contro i Sassoni



La dinastia dei Pipinidi

La dinastia dei Pipinidi, nota anche come dinastia carolingia, ha gettato le basi per una nuova era politica e culturale in Europa. Pipino il Breve, figlio di Carlo Martello, consolidò il potere della famiglia, rovesciando l’ultima dinastia merovingia e assumendo il titolo di re dei Franchi nel 751 con il sostegno del papato. Questo evento sancì una stretta alleanza tra la monarchia franca e la Chiesa, che avrebbe avuto un ruolo cruciale nella legittimazione del potere imperiale.

Suo figlio, Carlo Magno, ereditò un regno forte e unito e lo trasformò in un vero e proprio impero, estendendone i confini e ponendo le basi per il Sacro Romano Impero. Grazie alle sue conquiste, alle riforme amministrative e culturali, e alla sua incoronazione a imperatore nel Natale dell'800, Carlo Magno divenne una figura simbolo del Medioevo europeo, dando vita a un rinascimento culturale noto come Rinascita Carolingia.

Carlo Magno, il creatore di una nuova struttura imperiale dopo il tramonto dell’Impero romano d’Occidente.

L'ascesa di Carlo Magno: un'eredità di potere e sacralità

Pipino il Breve era  il figlio secondogenito del Maggiordomo di palazzo di Austrasia ed in seguito maggiordomo di palazzo di tutti i regni dei Franchi, Carlo Martello (ca. 650-† 717).

Carlomanno e Pipino, dopo che il trono del regno dei Franchi era stato vacante per alcuni anni, decisero, alla fine del 741 (o nel 742), di riconoscere come re il merovingio Childerico III.

Con astuzia e determinazione, Pipino osò sfidare l'ordine costituito. Pipino, nel 751, inviò a Papa Zaccaria delle lettere e, all'insaputa del suo re, una delegazione a Roma, chiedendogli se il titolo di re appartenesse a chi esercitava il potere o a chi era di sangue reale. Il papa rispose che doveva essere re colui che veramente esercitava il potere.

Pipino depose Childerico III. Pipino, con un’azione energica privò del potere l’ultimo appartenente a un lignaggio che, con un’accorta operazione di damnatio memoriae, nelle cronache successive sarà definita di rois faineants, re fannulloni. 

L'unzione papale consacrò Pipino, conferendogli un'aura di sacralità e legittimità. La Chiesa, in cambio, trovò in lui un protettore, un difensore contro le minacce esterne. Questo legame tra il regno franco e il papato si sarebbe rafforzato ulteriormente sotto il regno di Carlo Magno, figlio di Pipino.

Carlo Magno ereditò non solo il potere, ma anche la sacralità conferita al suo predecessore. Egli si erse a paladino della cristianità, estendendo i confini del suo regno e consolidando il suo ruolo di protettore della Chiesa di Roma. La sua incoronazione a imperatore nell'800 da parte di Papa Leone III sancì il culmine di questo processo, elevando il regno franco a impero e conferendo a Carlo Magno un'autorità universale.

L'eredità di Pipino il Breve, dunque, fu un dono prezioso per Carlo Magno: un regno unificato, un'alleanza con la Chiesa e un'aura di sacralità che lo avrebbero reso uno dei sovrani più potenti e influenti della storia europea.

L'Ascesa di Carlo Magno: Dalla Divisione Fraterna alla Fondazione di un Impero (768-771)

La scomparsa di Pipino il Breve nel 768 segnò, secondo la consuetudine franca, un momento di potenziale frammentazione per il regno. L'eredità paterna venne infatti suddivisa tra i suoi due figli, Carlo e Carlomanno, entrambi insigniti del titolo di rex Francorum. Questa diarchia, sebbene radicata nella tradizione, si rivelò di breve durata e il destino volle che Carlo, colui che la storia avrebbe poi onorato con l'appellativo di "Magno", emergesse come unico e indiscusso sovrano, gettando le basi per una radicale trasformazione del panorama europeo.

La precoce morte di Carlomanno nel 771 rappresentò una svolta cruciale. Senza ulteriori contendenti, Carlo Magno poté riunificare sotto il suo scettro l'intero regno franco, un atto che non solo ripristinò l'unità politica, ma liberò anche energie e ambizioni precedentemente vincolate dalla necessità di equilibrio tra i due fratelli. Il nuovo sovrano si presentava come una figura di spicco: giovane, dotato di una robustezza fisica e di un coraggio che si sarebbero rivelati fondamentali nelle future campagne militari, animato da un'ambizione che travalicava i confini del regno franco e, non meno importante, profondamente legato al Papato e alla Chiesa di Roma.

Il regno franco, pur esteso, si trovava a fronteggiare problematiche di sicurezza interna ed esterna che richiedevano una leadership forte e determinata. In primo luogo, la minaccia longobarda incombeva sul Papato, custode della cristianità occidentale, e Carlo Magno si sentiva investito del compito di proteggerlo, perpetuando la politica di sostegno già intrapresa dal padre. In secondo luogo, la presenza musulmana al di là dei Pirenei rappresentava un confine instabile e una potenziale fonte di incursioni e conflitti, richiedendo una strategia difensiva efficace.

Le prime azioni di Carlo Magno furono mirate a rafforzare le fondamenta del suo regno. Egli intraprese campagne per riaffermare l'autorità franca sull'Aquitania, regione che aveva precedentemente fatto parte dei domini paterni ma che aveva manifestato tendenze secessionistiche alla morte di Pipino. Parallelamente, rivolse la sua attenzione al confine nordoccidentale, in corrispondenza della Bretagna, un territorio mai pienamente sottomesso dai Franchi.

L'intervento di Carlo Magno nella Penisola Italiana: Un Capitolo Cruciale nella Storia d'Europa

Nel cuore del VIII secolo, la penisola italiana divenne teatro di un evento di portata storica, destinato a rimodellare gli equilibri politici e territoriali dell'Europa: la discesa in armi di Carlo Magno, re dei Franchi, nel 772. Questo intervento militare, sollecitato direttamente dal pontefice, segnò una svolta decisiva nel confronto tra il regno franco e il regno longobardo, le cui ambizioni espansionistiche minacciavano i possedimenti della Chiesa nell'Italia centrale.

La campagna intrapresa da Carlo Magno si rivelò rapida ed efficace. L'esercito franco, forte e ben organizzato, penetrò nella penisola con l'obiettivo di neutralizzare la minaccia longobarda. La presa di Pavia, capitale del regno longobardo, nel 774, sancì la vittoria franca e la definitiva sconfitta dei Longobardi nell'Italia settentrionale.

Carlo Magno, consapevole della portata del suo successo, assunse il titolo di "rex Francorum et Langobardorum", estendendo il suo dominio su una vasta porzione dell'Italia settentrionale. In un gesto di riconoscenza verso il pontefice che ne aveva invocato l'intervento, il sovrano franco cedette alla Chiesa numerosi territori dell'Italia centrale precedentemente strappati ai Longobardi, consolidando il potere temporale del papato.

Parallelamente al fronte italiano, Carlo Magno si trovò impegnato in un'altra importante sfida: il confronto con gli Arabi del califfato di Cordoba nella penisola iberica. Sebbene le operazioni militari in questo contesto fossero più complesse e le vittorie meno decisive, l'azione di Carlo Magno riuscì comunque a produrre un risultato significativo: la costituzione della cosiddetta marca Hispanica. Questa zona di confine fortificata rappresentò un baluardo cruciale per la difesa dell'Europa centrale dalle incursioni musulmane, testimoniando la lungimiranza strategica del sovrano franco nel proteggere i suoi domini e l'intero continente.

Tuttavia, la protezione del papato e la difesa dei confini meridionali non potevano oscurare un'altra pressante minaccia che gravava sui territori franchi: le continue incursioni dei Sassoni lungo i confini orientali. Le loro scorrerie, caratterizzate da violenza e distruzione, rendevano evidente la necessità di un intervento risolutivo. La risposta di Carlo Magno a questa sfida fu una serie di spedizioni punitive volte a reprimere la bellicosità dei Sassoni e a stabilizzare le regioni di confine, dimostrando la sua determinazione nel garantire la sicurezza e la stabilità del suo vasto regno.


Ascesa dell’Impero dei Franchi

Ascesa dell’Impero dei Franchi. Clicca sull’immagine per ingrandire. (credit Semhur - CC BY-SA 3.0

La guerra contro i Sassoni

Tra le molteplici sfide che Carlo Magno dovette affrontare, la lunga e sanguinosa guerra contro i Sassoni si staglia come un cupo esempio di un conflitto che trascendeva le tradizionali schermaglie tra regni.

Quella intrapresa contro le genti sassoni non fu una guerra di conquista nel senso classico del termine, bensì una lotta per la sopravvivenza e l'affermazione di un ordine cristiano in un'Europa ancora intrisa di antiche credenze pagane. Le incursioni sassoni rappresentavano una costante minaccia per i confini del regno franco.

Si trattava di una forma di guerra "totale", per così dire, un crocevia tra le razzìe barbare e le più metodiche campagne militari romane. Quando un obiettivo di significativo valore, come un centro abitato principale o un luogo sacro pagano, veniva individuato, si formava una schiera scelta di guerrieri. Questa, penetrando nel territorio nemico, rispondeva alle precedenti devastazioni con pari o superiore ferocia: il fuoco divorava le case, il saccheggio spogliava le comunità, e la violenza si abbatteva indiscriminata. Una scia di cenere e terrore segnava l'avanzata franca fino al cuore del territorio ostile.

L'assenza di un potere centrale unitario tra le tribù sassoni rendeva vana qualsiasi iniziativa diplomatica; era impossibile negoziare con una moltitudine di capi spesso in lotta tra loro.

Pertanto, per arginare le loro continue scorrerie, Carlo Magno comprese che era necessario colpire al cuore stesso della loro identità e delle loro credenze. L'obiettivo divenne il santuario pagano di Irminsul, venerata Quercia che si credeva sostenesse la volta celeste. Ai piedi di questo sacro albero, i Sassoni solevano seppellire ricchezze considerevoli e compiere sacrifici rituali. La distruzione di Irminsul rappresentava, agli occhi di Carlo Magno, non solo un colpo materiale ma anche un affronto diretto alle fondamenta spirituali della resistenza sassone.

Irminsul

La rappresentazione dell'Irminsul come colonna ma anche albero che sorregge il mondo (pubblico dominio)

Fin dall'inizio Carlo si pone come obbiettivo finale la conversione di quel popolo intrepido e testardo. 

La Chiesa, in questo periodo, deve far finta di nulla poiché deve a Carlo niente meno che la propria sopravvivenza. Ciò però non può impedire ad Alcuino, uno tra i più influenti consiglieri di Carlo, di sdegnarsi contro una eccessiva disinvoltura del potere carolingio nel comunicare l'amicizia di Cristo con gli uomini attraverso il filo della spada: "Ah, se a questo popolo fossero stati predicati il giogo leggero del Cristo e il suo soave fardello con lo stesso calore con il quale viene preteso il pagamento delle decime e punita la più piccola mancanza, forse non si sarebbe sottratto al giuramento del cristianesimoForse che gli Apostoli, dal Cristo edotti e mandati a predicare attraverso il mondo, riscuotevano decime e chiedevano regalie? Certo la decima è una buona cosa, ma è meglio perderla che perdere la Fede. Come ha detto Sant'Agostino la Fede è atto di volontà, non d'obbligazione. L'uomo può essere condotto alla Fede, non esservi costretto: bisogna mandare in Sassonia sapienti missionari istruiti dall'esempio degli apostoli, che siano predicatori e non massacratori e predoni".

Ma a queste nobili parole, cui però seguirono, col tempo, i fatti di una reale evangelizzazione che rese la Sassonia un vero avamposto della cristianità durante le invasioni magiare, si rispondeva con dichiarazioni sprezzanti, tipiche dell'aristocrazia franca. Quando i Sassoni prenderanno le armi nuovamente, non ci sarà spazio per mediazioni, solo per un odio tanto più feroce quante maggiori sono state le perdite in questa guerra sanguinosissima: "Come il cane ritorna al suo vomito, i Sassoni sono ritornati al paganesimo, mentendo a Dio e al loro signore, il re, che li aveva tuttavia colmati di benefici, e trascinarono con sé i popoli pagani circonvicini".

I Sassoni, guidati da un capo che passerà alla leggenda, il celebre Widukind, colsero di sorpresa un'intera armata franca tra i boschi sulle pendici del Suntelgebirge e ne fecero strage. In una mischia terrificante, caddero i capi della spedizione, il camerario Adalgiso e il conestabile Gilone. Appesantiti dalle corazze e dal caldo sole di giugno, i cavalieri franchi morirono a centinaia, sgozzati dai sassoni seminudi e feroci: tra gli altri morirono anche quattro conti e venti ufficiali, alcuni alla loro prima spedizione militare.

Era una disfatta gravissima e Carlo fu fulmineo nella rappresaglia. Radunati i suoi corpi scelti, cavalcò verso il punto dell'agguato e intercettò i Sassoni alla confluenza del Weser con l'Aller, sul campo di Verden. La fanteria sassone rimase imbottigliata e stavolta toccò ai cavalieri franchi fare strage dei propri avversari, combattendo in campo aperto e alle proprie condizioni. Widukind riuscì a salvarsi con pochi altri, mentre ben 5.000 guerrieri furono fatti prigionieri e portati davanti al re. Lì fu loro chiesto di rinnegare Wotan e di riconoscere Cristo come unica verità e salvezza. Il primo di essi si rifiutò, Carlo batté la spada sul pavimento del palco e un carnefice fece rotolare la testa del pagano a terra. Così avvenne per ben quattromilacinquecento volte, per tre giorni e per tre notti di continue esecuzioni e sporadiche conversioni. Poi la guerra continuò violentissima e devastante.

Ogni anno, per i tre anni successivi, le armate di Carlo invasero la Sassonia, svernarono anche nel cuore del paese stesso riprendendo a distruggerlo ai primi tepori primaverili finché ogni resistenza cessò e lo stesso Widukind si arrese e si fece battezzare. Eppure la resa definitiva dei sassoni sarebbe venuta solo nell'803, dopo ben quattordici operazioni militari. Un risultato notevole, senz'altro: ma non fu la forza delle armi a trasformare, in meno di un secolo, quella popolazione pagana in un baluardo insormontabile della Cristianità. Alcuino, e i martiri come San Bonifacio, erano riusciti col proprio sangue e con la parola là dove la spada aveva fallito.

Incoronazione di Carlo Magno

Carlo Magno, venne incoronato imperatore a Roma nella notte di Natale dell’800 da papa Leone III. L’Impero rinato attraverso l’espansione della monarchia carolingia avrebbe voluto essere la restaurazione dell’Impero romano d’Occidente, ma la nuova costruzione politica, da cui furono escluse l’Irlanda e la Britannia ormai convertite al cristianesimo, non ricostituisce il vecchio impero né incorpora tutta la cristianità occidentale. È un impero franco-cattolico, il cui cuore non è più il Mediterraneo, ma la valle del Reno e al cui vertice si trova un barbaro che aggiunge il titolo imperiale a quello regale.

Tale costruzione politica, funzionante in base ai rapporti vassallatico-beneficiarii oltre che grazie all’elaborazione di una struttura centralizzata di funzionari (i missi dominici), ha tuttavia breve durata.

Ludovico il Pio diventa imperatore

Alla morte di Carlo Magno nell’814, l’impero rivelò tutta la sua fragilità.

Casualmente, nell’814, per la scomparsa dei fratelli, la corona passò nelle mani di Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno. Ludovico il Pio, a differenza del padre che aveva portato tre titoli (rex Francorumrex Langobardorum e imperator), volle fregiarsi unicamente del titolo imperiale: non si trattò di un questione meramente nominalistica, quanto della sottolineatura del carattere unitario dell’impero.

Conseguenza di ciò appare l’Ordinatio imperii, emanata nell’817: il documento proclama l’unità dell’impero e designa quale unico erede al titolo imperiale il figlio primogenito Lotariomentre a ciascuno degli altri due figli, Pipino e Ludovico, viene assegnato un regno, rispettivamente l’Aquitania e la Baviera. Al titolo imperiale viene associato anche il possesso dell’Italia. 

L’Ordinatio imperii venne però messa in discussione dallo stesso Ludovico il Pio, quando decise una nuova suddivisione per attribuire un regno anche al figlio più giovane, Carlo, nato nel frattempo dalla seconda moglie. Scomparso Pipino nell’838, morto l’imperatore Ludovico il Pio nell’840, i tre figli sopravvissuti, Lotario, Ludovico, detto il Germanico, e Carlo, detto il Calvo, si disputarono l’eredità.

Nell’842 Ludovico e Carlo stipularono il Giuramento di Strasburgo, con il quale si giurarono reciproca fedeltà.

Giuramento di Strasburgo

Giuramento di Strasburgo in volgare francese, antico tedesco e latino (pubblico dominio)

Il conflitto si concluse con la stipula del trattato di Verdun (843).

Con esso si stabilisce una divisione che attribuisce a Lotario, il primogenito, il titolo imperiale e il possesso dell’Italia, della Provenza e della cosiddetta Lotaringia (un’ampia fascia di terra compresa tra le Alpi e il Mare del Nord); a Carlo va il territorio a ovest di questa zona; a Ludovico il territorio ad est. Emerge così una carta politica dell’Occidente destinata a durare per secoli, mentre quello della restaurazione di un’autorità imperiale in grado di imporsi su tutte i diversi regni sembra rimanere solo un sogno.

Carlo il Grosso diventa imperatore

Dopo il Trattato di Verdun, la morte precoce di tutti i pretendenti al trono riporta per breve tempo il potere nelle mani di un unico sovrano, Carlo il Grosso (881-888), figlio di Ludovico il Germanico.

Nell’887 però l’aristocrazia tedesca si ribella contro l’imperatore Carlo il Grosso ed elegge come proprio sovrano Arnolfo di Carinzia.

Nell’888 anche l’aristocrazia francese si solleva contro Carlo il Grosso (che muore nello stesso anno) e il regno di Francia va a Oddone di Angers. Termina così l’impero di Carlo Magno.

Da segnalare che l’anno prima del trattato, nell’842, Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico strinsero un’alleanza militare contro il fratello Lotario e pronunciarono il famoso giuramento di Strasburgo che costituisce il primo documento delle nascenti lingua francese e tedesca. Infatti Ludovico il Germanico lesse il giuramento nella lingua dei Franchi per farsi comprendere dai soldati di questa nazionalità e Carlo il Calvo lo lesse nella nascente lingua tedesca affinché fosse compreso dai soldati di Ludovico il Germanico

Da questo momento in poi da realtà politica, l’Impero diventa una realtà ideale: infatti, se da un lato l’impero non era più una realtà amministrativo-politica subordinata ad un’autorità centrale, dall’altro si faceva strada l’idea che prima o poi si sarebbe riformato un impero secondo l’esempio romano.

Per tutta la durata del IX secolo si ebbero delle lotte per la successione all’interno dei tre regni e questo non fece altro che indebolire il governo centrale. 

Ad una situazione così fragile vanno aggiunte l’invasione dei Saraceni a sud, quella degli Ungari ad est e quella dei Vichinghi a nord.

Nell’anno 887, l’imperatore Carlo il Grosso fu deposto dai suoi stessi vassalli e a questo punto si può veramente dire che l’impero era finito e i tre stati in cui inizialmente fu diviso l’impero presero strade diverse.

In Francia i Carolingi continuarono a governare per un altro secolo, ma piano piano cedettero il loro potere ai vassalli, fin tanto Ugo Capeto non prese definitivamente il loro posto. E’ cosi che la dinastia dei Capetingi sostituì quella dei Carolingi.

In Italia, la deposizione di Carlo il Grosso creò un notevole disordine perché i nobili locali volevano appropriarsi sia della corona dell’impero che di quella del regno d’Italia. Tali signori erano talmente forti da intervenire anche nella nomina del papa. L’Italia meridionale vedeva l’espansione dell’Impero Bizantino con Basilio II. Egli aveva in progetto di liberare la Sicilia dall’invasione musulmana, ma purtroppo morì prima di realizzare il suo progetto. Il regno d’Italia fu attribuito da un’assemblea nobiliare a Berengario I, marchese del Friuli.

In Germania, invece, il potere locale era meno forte perché per far fronte all’invasione degli Ungari bisogna restare più uniti possibile. Nel 919 la corona fu assegnata ad Enrico I che ottenne l’ereditarietà del titolo. Infatti, alla sua morte il trono passò al figlio Ottone I.

 

La deposizione inaugura uno dei momenti più complessi dell’età medievale. L’Europa appare divisa in diversi regni: Germania, Francia, Italia, Bassa Borgogna (o Provenza), Alta Borgogna. Tuttavia, al loro interno il re spesso non ha alcuna forza al di fuori dei suoi possessi personali e può trovarsi contrastato dagli stessi feudatari che lo hanno eletto. Tale stato di disordine è ravvisabile anche all’interno del Papato in via di formazione e consolidamento. L’atmosfera è poi ulteriormente aggravata in Europa dalle cosiddette «seconde invasioni» barbariche, protagonisti gli Slavi, i Saraceni, gli Ungari e i Vichinghi.

 

 

Bibliografia

Giovanni Isabella, Modelli di regalità nell’età di Ottone I, Tesi di dottorato in Storia Medievale, Università degli Studi di Bologna

WIDUKINDI MONACHI CORBEIENCIS Rerum Gestarum Saxonicarum libri tres, ed. P. Hirsch – H. E. Lohmann, MGH Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi 60, Hannover 1935

Liutprando di Cremona : Opere . In: Fonti sulla storia dell'era imperiale sassone

Franco Savelli  e Tonino Pau - Dal Feudalesimo ai Comuni - Conflitto tra Papato ed Impero

Alberto LEONI - Carlo Magno e la guerra contro i vietcong sassoni (storia di uomini di spada e di fede)

Nicholas Goodrick-Clarke, Le radici occulte del nazismo,

Gerd Althoff, Hagen Keller : Il tempo degli ultimi carolingi e ottoniani. Crisi e consolidamenti 888-1024

Gerd Althoff e Hagen Keller: Heinrich I e Otto il Grande: un nuovo inizio nell'eredità carolingia

 

 


Scritto da:

Andrea Acanfora


 

 

 



Articoli correlati