Un cimelio medievale è diventato, nel XIX e XX secolo oggetto di contese legate all’italianità di Trieste
Incastonato su un palazzo nobiliare di Genova (il palazzo Giustiniani) c’è un Leone di San Marco, trafugato dai Genovesi dalle mura di Trieste nel 1380 dopo la conquista della città durante la Guerra di Chioggia.
•ISTE LAPIS IN QVO EST FIGVRA SANCTI
S.MARCI DELATVS FVIT DE TERGESTO
CAPTO A NOSTRIS
MCCCLXXXII•
Il cimelio medioevale, che con gioia e disprezzo per il nemico sarà stato riportato in patria dai marinai genovesi, è diventato, nel XIX e XX secolo oggetto di contese legate all’italianità di Trieste.
La famiglia Giustiniani nel 1897 l’aveva spontaneamente offerto al Comitato Irredentista Triestino. Ma la restituzione fu ostacolata dal governo austriaco che ne impose in veto al governo italiano sotto la minaccia di ritenere tale restituzione come un “attentato al nesso dell’Impero Austroungarico” e conseguentemente come un casus belli.
Il Leone di San Marco costituiva, negli intenti genovesi, una prova della italianità di Trieste come membro del dominio veneto. Il casus belli ci fu comunque, e di conseguenza la prima guerra mondiale. Conquistata Trieste, l’Italia intraprese un percorso di “italianizzazione” della città e della sua cultura, che seppure da sempre di lingua italiana, era di stampo più mitteleuropeo e globale. Non poté mancare, in questo processo, l’apporto di Gabriele D’Annunzio, che è stato protagonista indiscusso del meccanismo di italianizzazione dei territori della Venezia Giulia, Fiume in primis, che si occupò in prima persona del “Leone tergestino”. D’Annunzio aveva identificato proprio nei Giustiniani un fulgido esempio di amor patrio per gli enormi fasti che la famiglia aveva sia in Italia che all’estero. Il Vate li ricorda nel componimento a loro dedicato nel libretto “Per la più grande Italia”, scritto nella ricorrenza dell’Impresa dei Mille, quando ricevette in dono il calco in gesso del “Leone Tergestino”. Era il 1915 e l’intento irredentista era evidentemente di attualità.
Non questo gesso che io custodirò piamente, ma il Leone di pietra istriana, tratto del glorioso muro in un altro giorno di sagra marina, Genova rimanderà per mare a Trieste: restituzione magnifica. Passi la nave in vista della Caprera, che forse s'empirà di ruggito ripercosso dalle rocce. E navighi all'Adriatico. E il morto figlio di Lamba sepolto nelle acque trionfate, e Luciano d'Oria davanti a Pola, e Gasparo Spinola davanti a Trieste, e gli altri terribili vostri riappariranno in epifania d'amore commisti ai vendicati di Lissa, luminosissimamente. E il Leone di San Marco recato nell'Adriatico da nave di Genova sinificherà per gli Italiani : « Questo mare profondo, ove la cresta di ogni flutto è fiore di nostra gloria, si chiama, di nuovo e per sempre, nei linguaggi di tutte le nazioni, il Golfo di Venezia. »
Dopo la guerra, nel 1923, il D’Annunzio ritorna alla carica per la restituzione del “Leone Tergestino” alla città (oramai conquistata o, come d’uso per i vincitori, redenta). Ebbro di amor patrio, D’Annunzio sbaglia però destinatario per la sua richiesta, che egli indirizza al sindaco mentre il bassorilievo era e rimaneva, come egli evidentemente 8 anni prima ben sapeva, della nobile famiglia genovese.
Così la richiesta pomposa del Vate:
Signor Sindaco, permetta che a Lei francamente si rivolga uno che si reputa cittadino genovese duro ciù che e prie (in dialetto genovese “duro più che le pietre”). Forse già Le è giunto all’orecchio un qualche rumore che si fa intorno a una mia rinnovellata proposta di restituire a Trieste il Leone tergestino che è murato in una casa dei Giustiniani Iste lapis… delatus fuit de Tergesto capto… Tutto il popolo di Genova fremette di consentimento unanime quando io ne parlai nei giardini di Andrea Doria, or è otto anni. Oggi il nobile gesto fraterno sarebbe alta consolazione per la città travagliata da tanti mali e menomata di tante forze. Io spero che il “primo cittadino” di Genova vorrà aiutarmi nell’attuazione dell’antico disegno. Allora tutto ardeva. E non oggi tutto riarde? Intanto io desidero di recuperare l’impronta che tratta col gesso dal Leone di pietra istriana. La porrò tra gli altri miei ricordi patri in quest’Eremo che dono alla nazione. E quanto invidio, signor Sindaco, questa lettera che invece di me viene verso il mar di Liguria commosso della primavera! Saluto in Lei tutti i miei Genovesi che certo sull’incudine della stirpe son battuti dro maximo metallo e forse megio (“dello stesso metallo e forse meglio”)
e l’elegante risposta del primo cittadino di Genova:
“Grato Vostro messaggio, comunicovi che commissione assessori rappresentanti Genova, verrà costì sabato 24 per consegnarvi il calco del Leone triestino che Genova custodì finora, pegno ed augurio di nuova gloria vostra e d’Italia. Firmato: Sindaco Federico Ricci”.
Per capire qualcosa di più su questo ”Leone tergestino” e sulla fondatezza della volontà di riaverlo da parte dei triestini, bisogna andare indietro di 541 anni.
Un leone conteso - seconda parte
Fonti:
Fondazione Casa America - La storia della famiglia Giustiniani -Sandra Origone Newsletter 1-2015
Storia dei Giustiniani di Genova