Domenico Selvo nominato doge

(Domenico Selvo, Credit)

Alla morte di Contarini viene nominato doge Domenico Selvo nel 1071. Nel 1084 sarà costretto a dimettersi.

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Venezia tra il 1070 e il 1090: Crescita e Consolidamento

Tra il 1070 e il 1090, Venezia stava vivendo un periodo di notevole crescita e consolidamento come una delle principali potenze marinare italiane. In questi due decenni, la città stava espandendo le sue attività commerciali e sviluppando la sua struttura politica e architettonica, ponendo le basi per il suo futuro splendore.

Le navi veneziane solcavano il Mediterraneo, trasportando merci preziose come spezie, seta e altri beni di lusso. Questo intenso traffico commerciale non solo arricchiva la città, ma contribuiva anche a rafforzare i suoi legami con altre culture e civiltà.

La struttura politica di Venezia era dominata dalla figura del Doge, il capo del governo della città. Il Doge non solo rappresentava Venezia nelle relazioni diplomatiche e commerciali, ma aveva anche un ruolo cruciale nel mantenere l'ordine interno e nel guidare lo sviluppo della città. Sebbene il sistema politico fosse ancora in evoluzione, il potere e l'influenza del Doge erano già significativi, e la sua autorità era riconosciuta sia a livello locale che internazionale.

Tra il 1070 e il 1090, Venezia iniziò a sviluppare la sua caratteristica architettura, che combinava elementi romanici e bizantini. Questo periodo vide la costruzione di numerosi edifici e chiese che riflettevano la ricchezza e il potere della città. L'architettura veneziana di questo tempo non solo serviva a scopi pratici, ma era anche un simbolo della sua crescente influenza e prestigio.

Le relazioni di Venezia con l'Impero Bizantino erano particolarmente strette. L'Impero Bizantino era una delle principali fonti di commercio e influenza politica per Venezia, e i legami tra le due entità erano reciprocamente vantaggiosi. Venezia beneficiava dell'accesso alle risorse e ai mercati bizantini, mentre l'Impero Bizantino trovava in Venezia un alleato affidabile e un partner commerciale prezioso.

I Normanni attaccarono diverse volte le coste orientali dell'Adriatico, mettendo sotto assedio città come Durazzo. Venezia intervenne militarmente per difendere i suoi alleati e i suoi interessi commerciali

La linea del tempo

 

(azzurro) Imperatori del Sacro Romano Impero, (giallo) papa in carica, (rosso) margravio di Verona, (arancione) patriarchi di Aquileia, (viola) dogi di Venezia, (verde) patriarchi di Grado. Clicca sull’immagine per ingrandire. (RDM)

Domenico Selvo nuovo doge di Venezia

Fu uno stretto collaboratore del predecessore Domenico Contarini, nominato doge nel 1071 dopo la morte di Contarini

La sua nomina a doge, nel 1071, avvenne dunque nel segno della continuità. Secondo il chierico Domenico Tino, che fu tra i presenti, al termine del funerale del predecessore, avvenuto nella chiesa di San Nicolò del Lido, fu acclamato dalla folla radunatasi sulla spiaggia, mentre all'interno della chiesa le autorità religiose pregavano affinché fosse designata una personalità degna. Selvo venne caricato su un'imbarcazione e condotto all'erigenda basilica di San Marco dove, accolto dal clero, entrò scalzo e ricevette le insegne del potere che erano raccolte sull'altare. Successivamente si trasferì nel Palazzo Ducale, dove completò la cerimonia di investitura.

Il doge Selvo era stato ambasciatore presso la corte di Enrico III per la conferma dei privilegi.

Da un primo matrimonio aveva avuto un figlio, Domenico, che si imparentò con i Candiano, potente famiglia che aveva dato vari dogi nel secolo precedente; risultava già morto nel 1086.

Forse in occasione della prima vittoria contro i Normanni, si risposò con una principessa bizantina, Teodora Ducaina, sorella dell'imperatore Michele VII Ducas. Per le abitudini stravaganti e la propensione al lusso, Teodora diede scandalo a Venezia.

Le cronache del tempo raccontano del lusso di Teodora mai visto prima a Venezia. Ricordano l’abbondante uso e la varietà delle acque odorose, i bastoncelli d’oro di cui si serviva per portare i cibi alla bocca, i balsami orientali di cui olezzavano le sue vesti e tutte le sue robe, i guanti che sempre le coprivano le mani, inoltre faceva raccogliere ogni mattina dai numerosi suoi servi e dalle sue damigelle la rugiada per lavarsi la faccia.

Le cronache diedero molta importanza a questo fatto in quanto, nonostante i veneziani frequentassero Costantinopoli erano comunque lontani dalle abitudini del lusso dei paesi orientali. La presenza della principessa produsse una rivoluzione dei costumi.

La Politica del doge

I primi anni di governo videro il prosieguo delle politiche del Contarini, che aveva cercato di mantenere buone relazioni con i due imperi e il Papato, evitando inoltre conflitti che potessero ostacolare i traffici mercantili.

Proseguì anche le politiche di sostegno al patriarcato di Grado, che nel 1053 era stato pienamente riconosciuto da Leone IX ponendo fine alla secolare disputa con il patriarcato di Aquileia. La sede si trovava però in gravi difficoltà economiche e nel 1074 emise un provvedimento con cui cedeva alla sede gradense alcune rendite di pertinenza ducale.

Ciononostante, il 31 dicembre dello stesso anno papa Gregorio VII gli indirizzò una lettera in cui lo criticava per la debolezza e la povertà della metropolia.

Papa Gregorio nelle sue corrispondenze con Enrico IV al fine di convincerlo a rinunciare alle sue pretese e con l’imperatore Michele di Costantinopoli per ricondurlo alla Chiesa cattolica, si era valso specialmente dell’opera del patriarca di Grado, Domenico Cerbani, essendo i Veneziani in buona corrispondenza con l’uno e con l’altro impero.

Vedendo come il patriarcato di Grado, dopo le incursioni di Popone di Aquileia, e le terre di sua pertinenza sia in Istria che in Italia si trovassero nelle massime strettezze ridotto, il papa scrisse al doge Selvo raccomandandogli di dare dignità alla sede di Grado

Il doge Selvo indisse nel 1074 un concilio di vescovi per completare un atto gia iniziato dal suo predecessore allo scopo di stanziare ricchezze al patriarcato di Grado.

Lo stesso pontefice ammonì il doge per due volte (nel 1077 e nel 1081) di non intrattenere contatti con chi era colpito da scomunica. Era questo un chiaro riferimento ai buoni rapporti con Enrico IV, grazie ai quali non ebbe necessità di rinnovare il Pactum con il Sacro Romano Impero.

I rapporti tra il papa ed Enrico IV peggiorarono, e i Veneziani, attenti sopratutto ai loro interessi, continuavano ad avere buone relazioni con l’impero. Il 9 giugno 1077, il papa scrisse una lettera diretta al doge e al popolo veneziano, dopo aver ricordato la singolare benevolenza sempre dimostrata dalla romana sede alla repubblica di Venezia, si lamentava dell’ingratitudine e minacciava di socmunica la città. Tali ammonizioni non produssero alcun effetto.

La Guerra contro i Normanni

Alcuni gruppi di Normanni, guidati da Harald Hardrade di Norvegia, Guglielmo Braccio di Ferro  e Drogone d'Altavilla, agli ordini del generale bizantino Giorgio Maniace, nel 1040, contribuirono alla temporanea riconquista della città di Siracusa allora in possesso degli Arabi.

In seguito, nel 1061, Ruggero Bosso d'Altavilla, fratello di Roberto, alla testa di un folto gruppo di cavalieri, tra cui anche il conte Amico di Giovinazzo, sbarcò a Messina e invase l'isola (allora sotto dominio saraceno), riuscendo nel 1072 ad arrivare a Palermo (assedio di Palermo), che venne poi eletta capitale della Contea di Sicilia. 

Nel 1075 il conte normanno Amico di Giovinazzo assediò Arbe, imprigionò re Petar Krešimir IV di Croazia e estese il suo dominio su Spalato, Traù, Zara, Zaravecchia e, forse, Nona. L'Impero Bizantino, che formalmente manteneva la sovranità sulla Dalmazia, si era di fatto ritirato dall'Adriatico e chiamò Silvo a intervenire: gli invasori furono respinti tra il 1075 e il 1076 e venne ristabilita la precedente situazione. In cambio, Michele VII Ducas lo nominò protoproedos (titolo nobiliare dell’impero bizantino).

Alessio promise importanti compensi, anche in caso di sconfitta. Nel caso di vittoria garantiva con una Bolla d’Oro molti privilegi .

Venezia spedì una flotta verso la fine di luglio.

La flotta, condotta dallo stesso doge Selvo, entrò nel porto detto Pallia a tre miglia da Durazzo e nella notte, circondò la città con le navi e dopo una battaglia sia via mare che via terra, i normanni arretrarono. I Veneziani liberarono la città dalla parte del mare tuttavia era bloccata dalla parte della terra. Alla quarta notte, insieme alle navi bizantine, assalirono la flotta del normanno Roberto.

Roberto d'Altavilla, detto Terror Mundi (Terrore del Mondo) e il Guiscardo (in latino Robertus Guiscardus o Viscardus; Hauteville-la-Guichard, 1015 circa – Cefalonia, 17 luglio 1085), è stato un condottiero normanno.

All’avvicinarsi della flotta veneziana, i Normanni corsero alle armi. I Veneziani utilizzarono il fuoco greco per incendiare le navi nemiche. Benchè in vantaggio i veneziani si ritirarono a Durazzo

Nota. Il fuoco greco era una miscela usata dai bizantini dal 668 in poi, per attaccare i nemici con il fuoco e, in particolar modo, per incendiare il naviglio avversario e difendere posizioni strategiche sulle mura.

In ogni caso  Roberto non si arrese.

Nel 1081 i Normanni ripresero gli attacchi: Roberto il Guiscardo partì da Brindisi e raggiunse Valona, appena occupata dal figlio Boemondo mandato in avanscoperta, quindi conquistò Corfù e cinse d'assedio Durazzo. Ancora una volta i Bizantini non riuscirono a reagire e Alessio I Comneno inviò una richiesta di aiuto a Venezia.

La guerra, ad ogni modo, non era terminata: l'assenza del Guiscardo aveva permesso all'alleanza veneto-bizantina di riprendere Corfù nel 1083, ma l'anno successivo, al ritorno del normanno, subì una pesante sconfitta proprio nei pressi della stessa isola.

A Venezia, alla notizia della sconfitta, ci fu confusione, dolore, avvilimento.

Temevano la potenza di Roberto, la sua ambizione, l’odio per i Veneziani, per l’assistenza data all’imperatore bizantino. A questo si aggiunse l’incopentenza nelle questioni di guerra del doge.

L’iniziale entusiasmo verso il doge Selvo si era tramutato in odio. A questo si aggiunse l’ambizione di Vitale Falier, che ambiva a diventare doge, con la sua opera di fomentare sulla rabbia del popolo.

Selvo dovette rinunciare alla carica ritirandosi in convento e fu sostituito da Vitale Falier (1084).

 

 

 

S.Romanin, Storia documentata di Venezia, Tomo 1, 1853



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