Passato il fenomeno mediatico “Greta”, l’attivista svedese che ha spinto alla mobilitazione di milioni di persone nel mondo, sembra che gli stati europei siano tornati alla routine dello scarso interesse alla lotta contro il cambiamento climatico.

 

 

 

A dirlo è  uno studio commissionato dalla  European Climate Foundation e condotto dall’Istituto di ecologia in Germania e da Climact, una società di consulenza ingegneristica con sede in Belgio. Secondo lo studio, dei 28 progetti di piani energetici e climatici nazionali presentati dagli Stati membri dell’UE, nemmeno uno è sulla strada per raggiungere l’obbiettivo emissioni zero entro il 2050, come stabilito dall’Accordo di Parigi.

I problemi ricorrenti comprendono piani limitati per la graduale eliminazione delle sovvenzioni al carbone e ai combustibili fossili, poche indicazioni sugli investimenti necessari per passare a un’economia a emissioni 0, un uso eccessivo di biomassa non sostenibile, una consultazione pubblica inadeguata e la mancanza di sforzi espliciti per realizzare piani di rifusione dell'obiettivo 2050. Ad oggi non c’è nessun paese che sia vicino al raggiungimento degli obiettivi europei di Parigi, in media i paesi arrivano a circa un terzo del punteggio richiesto, nel migliore dei casi come in Spagna, superano di poco il 50%.

 

La relazione valuta tutti i progetti di  piani nazionali integrati per il clima e l'energia  degli Stati membri presentati alla Commissione europea e li classifica in base ai seguenti criteri:

il livello di ambizione climatica ed energetica,

il livello di completezza delle politiche e delle misure descritte nei singoli Piani,

la qualità e la completezza del processo di elaborazione.

 

 

In questa classifica, la Spagna è l’unico paese dell’UE ad aver messo in campo le misure necessarie per superare almeno la metà degli impegni necessari, con un punteggio del 52%.  Dopo la Spagna, la Francia è seconda, con il 47%, seguita dalla Grecia (44%) e dalla Svezia (43%). Il piano climatico sloveno è fanalino di coda con un punteggio del 3%, mentre la Slovacchia (12%) e la Germania (12%) difficilmente riescono meglio. Il punteggio medio per l’UE nel suo insieme è del 29%.

 

 

 

L’Italia invece rientra tra le peggiori d’Europa, con obbiettivi fissati pari al 26,9% degli standard, seguita tra i grandi, solo da Austria, Gran Bretagna e Germania. La classifica è stata stilata in base a una serie di indicatori che comprendono l’obiettivo generale di riduzione del carbonio, il livello di dettaglio delle misure politiche proposte e l’inclusione del processo di redazione.

Tra i problemi più frequenti l’eccessiva “timidezza” delle misure  per eliminare gradualmente le sovvenzioni al carbone e ai combustibili fossili, indicazioni insufficienti sugli investimenti nelle tecnologie pulite, eccessivo affidamento su biomassa non sostenibile e l’inadeguata consultazione pubblica. 

 

Legambiente  sostiene da tempo la necessità che il nostro paese attui politiche più ambiziose per l’ambiente e propone 10 modifiche al Piano Energia e Clima che se attuate potrebbero assicurare il raggiungimento degli obiettivi di Parigi e la riduzione delle emissioni.

Le dieci proposte prevedono un maggior sostegno alle energie rinnovabili con l’obiettivo di arrivare al 100% di energie pulite, spinta alla  riqualificazione del patrimonio edilizio esistente ed efficienza energetica  per diminuire i consumi e le emissioni, rafforzare il ruolo dei sistemi agricoli e forestali, decarbonizzazione, l’uscita dalle fossili attraverso per esempio l’eliminazione dei sussidi diretti e indiretti, misure per la  mobilità sostenibile  e la decarbonizzazione dei trasporti, politiche a favore dell’economia circolare, incentivi agli interventi di efficientamento e innovazione energetica nelle industrie.

 

 

 

 

 

 

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