Hooke è stato il primo ad aver osservato il sughero al microscopio.
Nel 1665, Robert Hooke (1635-1703) pubblicò un libro intitolato Micrographia.
Micrographia fu la prima grande pubblicazione della Royal Society ed è stato il primo best-seller scientifico, ispirando un vasto interesse pubblico nella nuova scienza della microscopia. E 'anche noto per aver coniato, osservando il sughero, il termine biologico cella.
Hooke, uno scienziato e inventore inglese aveva costruito un microscopio ottico di gran lunga superire ai modelli grossolani reperibili a quell’epoca. Con esso egli esaminò una grande quantità di materiali - minerali, fibre tessili, e piccole piante e animali.
Tra l’altro esaminò il sughero. La descrizione che egli ne fece occupa una posizione così importante nella storia dei tentativi umani per comprendere la struttura fondamentale degli esseri viventi
"Osservazione XVIII. Sullo schematismo o struttura del sughero e sulle cellule e pori di alcuni altri corpi leggeri."
Ho preso un bel pezzo di sughero chiaro e ne ho tagliato un frammento con un temperino ben affilato, in modo da lasciare la superficie ben liscia; quindi, esaminandola molto attentamente al microscopio, pensavo di riuscire a vedere che era porosa. Purtroppo non riuscii a distinguere chiaramente e con certezza i pori, nè tanto meno che forma avessero.
Tuttavia, in base alla leggerezza e alla morbidezza del sughero, pensando che la sua struttura non poteva essere tanto strana ma che probabilmente, se mi fossi applicato un pò di più, sarei riuscito a distinguerla al microscopio, preparai con lo stesso temperino affilato e dallo stesso pezzo di prima una sottilissima fetta e la misi su una piastra portaoggetti nera perchè il sughero è un corpo chiaro. Illuminandola direttamente con un raggio di luce proveniente da una lente piano-convessa, potei osservare in maniera chiarissima che il sughero era completamente perforato e poroso, simile ad un favo, ma con cellette irregolari. Nei seguenti particolari somigliava a un favo di api. Innanzitutto, per il fatto che era scarsamente costituito da materiale solido in confronto agli spazi vuoti che conteneva.
Gli interstizi o pareti (come li chiamo io) o setti tra i pori erano infatti molto sottili in confronto ai pori stessi, come le sottili pellicole di cera rispetto alle cellette esagonali di un favo di api. Secondariamente, per il fatto che questi pori o cellule non erano molto profondi o spessi, ma erano costituiti da un gran numero di piccole caselle, derivate tutte da un unico lungo canalicolo continuo, mediante la formazione di diaframmi, come si vede nella figura, che rappresenta una sezione longitudinale dei pori. Io non li avevo notati prima (furono davvero i primi pori microscopici che vidi e forse che furono visti, perchè non trovai nessun scrittore o persona che li avesse menzionati prima) ma con la loro scoperta pensai di aver fatto balenare dinnanzi alla mia mente la vera e logica ragione di tutti i fenomeni del sughero, come ad esempio
Primo: se mi fossi chiesto la ragione della estrema leggerezza di tale corpo, il microscopio mi avrebbe detto che essa era la stessa per cui la schiuma, un favo vuoto, la lana, una spugna, la pietra pomice, ecc. sono leggeri, cioè una piccolissima quantità di sostanza solida si estende in proporzioni estremamente vaste.
Secondo: sembrava non esservi nulla di più difficile da spiegare del fatto che il sughero non assorbe acqua, anche se lasciato galleggiare su di essa per lungo tempo, e che possa chiudere e trattenere aria all’interno di una bottiglia, benché essa sia molto compressa e tendente ad aprirsi un passaggio, senza lasciar filtrare neanche una bolla. Anche qui il microscopio ci mostra che il sughero è impregnato d’aria, la quale è contenuta nelle cellette. Sembra chiaro che né l’acqua né l’aria possono penetrare in esso, essendovi già un intus existens. Questa è la ragione per cui pezzi di sughero sono ottimi galleggianti per reti e tappi per fiale ed altri recipienti chiusi.
Terzo: se ci si chiede perché il sughero, quando viene compresso, si presenta così elastico e capace di rigonfiarsi, e come può subire una così grande compressione, o contrazione delle dimensioni, e tornare in seguito come prima ad occupare lo stesso spazio, il microscopio ci dice che l’intera massa consiste di una infinità di cellette o vescichette d’aria, sostanza di per sé elastica, e che può subire una notevole compressione (come potei vedere diverse volte, servendomi solo delle mie mani, senza ricorrere a nessun congegno, e riuscendo a comprimerla a un ventesimo delle sue dimensioni normali vicino alla terra). Inoltre, sembra che le pareti sottili che circondano i pori abbiano esse pure una proprietà elastica, come in genere tutte le sostanze vegetali, in modo da facilitare il loro ritorno alla forma primitiva. Noi potremmo così scoprire facilmente e con certezza lo schematismo e la struttura anche di questi sottili setti e di numerosi altri corpi. Sembra che nulla si opponga a ciò e che presto sarà possibile renderci ragione di tutti i loro fenomeni, cioè quale è la causa della loro elasticità, e della resistenza di alcuni, della flessibilità e della capacità di tutti di reintegrarsi nella condizione iniziale, della friabilità e fragilità di altri, e così via. Ma fintantoché il microscopio, o qualche altro mezzo, non ci consentirà di scoprire il vero schematismo o la vera struttura di tutti i corpi, dobbiamo vagare nel buio, come è successo, e fare delle congetture sulla base di confronti e similitudini.
Ma ritorniamo alla nostra osservazione. Contai parecchie file di questi pori e vidi che vi erano circa 40 cellule in un millimetro, 160.000 cellule in un centimetro quadrato e 64 milioni di cellule in un centimetro cubo, un numero quasi incredibile…
Hooke è il primo a descrivere le cellule, senza tuttavia coglierne il significato come unità strutturale di tutti gli esseri viventi. È comunque una delle tappe importanti nella storia della Biologia.