Episodio 2. Leonardo, il Costruttore di Sogni
di Roberta Di Monte
Leonardo, un uomo dall'aspetto imponente e dalla determinazione ferrea, non era destinato a seguire le orme mercantili della sua famiglia ferrarese stabilitasi a Chioggia
Fin da bambino, rimase affascinato dalle costruzioni veneziane, sviluppando un ardente desiderio di costruire. A dodici anni, con coraggio e passione, dichiarò al padre la volontà di dedicarsi all’edilizia, ottenendo il suo consenso. Iniziò così la sua formazione alla prestigiosa Scuola dei Tajapiera di Venezia, dove imparò, sotto la guida di esperti, i segreti della pietra e del legno.
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Leonardo era un uomo nel fiore della mezza età, alto e robusto, con un fisico asciutto e muscoloso scolpito da anni di duro lavoro. I suoi capelli candidi contrastavano con gli occhi azzurri, penetranti e vivaci, che riflettevano una saggezza antica. Il suo viso, segnato dalle rughe, era incorniciato da una barba folta e curata, che ne amplificava la presenza imponente, rendendolo un uomo che non passava inosservato in nessun luogo.
Leonardo era la personificazione della determinazione e dell'ambizione, un maestro che respirava il suo mestiere. La sua passione per la costruzione era una fiamma ardente che lo spingeva a non tirarsi mai indietro di fronte a una sfida, per quanto ardua potesse apparire. Quando la notizia di una potenziale commessa per la costruzione delle nuove mura di Glemone gli giunse all'orecchio, fu colto da un entusiasmo contagioso. Non esitò un istante a intraprendere quel viaggio, pur sapendo che sarebbe stato lungo, faticoso e con molte incertezze.
Leonardo non era solo un maestro di cantiere ma era anche un padre. E in quel viaggio verso il futuro, non era solo. Al suo fianco, aveva i suoi due figli, la sua più grande eredità e la sua più profonda speranza. Giacomo, il primogenito, e Alberto, il più giovane, entrambi con il sangue del costruttore nelle vene, pronti a imparare, a crescere e, un giorno, a portare avanti il nome della loro gilda. In loro, Leonardo vedeva non solo il futuro della sua famiglia, ma anche la continuazione del suo sogno, un'espansione del suo ingegno che avrebbe superato i confini di Venezia. Il viaggio per Glemone era dunque più di una semplice ricerca di lavoro: era un pellegrinaggio di famiglia, un test di coraggio e un balzo verso un futuro che avrebbero costruito insieme, mattone dopo mattone, contro ogni avversità.
La storia di Leonardo affondava le radici in una famiglia di commercianti ferraresi che, molti anni prima, aveva scelto di stabilirsi a Chioggia, una città lagunare intrisa di tradizioni e legami con il mare. Terzo di tre fratelli, sin dalla giovane età Leonardo aveva nutrito un desiderio profondo: quello di costruire. Non era interessato a proseguire la tradizione famigliare del commercio, una strada che i suoi due fratelli maggiori avevano intrapreso con successo e dedizione. La sua mente e il suo cuore erano attratti da altro.
Fin da piccolo era stato un bambino curioso e vivace, con gli occhi che brillavano di fronte alle imponenti opere architettoniche che vedeva ergersi maestose a Venezia. La sua passione per le costruzioni era tale che passava ore, quasi ipnotizzato, a osservarle e a studiarle, cercando di decifrare i segreti delle loro fondamenta, la logica delle loro arcate e l'ingegno che c’era dietro. Ogni nuovo edificio era per lui una lezione, ogni ponte una fonte di ispirazione, e la sua mente fertile già immaginava come un giorno avrebbe potuto lasciare il proprio segno tangibile nel mondo, non con merci o scambi, ma con opere di pietra e legno che avrebbero sfidato il tempo.
Leonardo, ormai adulto e padre, aveva ancora un ricordo vivido, quasi tangibile, di quel giorno di molti anni prima. Aveva solo dodici anni quando decise, con il cuore che gli batteva all'impazzata e un'ansia crescente che gli serrava lo stomaco, di affrontare suo padre. La reazione del genitore era la sua più grande paura. Nella vivace città lagunare di Chioggia, il profumo del mare aleggiava nell'aria mentre i mercanti gridavano per vendere le loro merci con voci rauche e le barche ondeggiavano pigre nei canali. I suoi occhi brillavano mentre contemplava la grandiosità di Venezia, stagliata all'orizzonte, un miraggio di cupole e campanili.
"Papà, voglio imparare l'arte del costruire," disse Leonardo, con una voce che, nonostante la sua giovane età, esprimeva una determinazione ferrea e una passione inequivocabile. Ogni parola gli costava fatica, ma la sua convinzione era più forte della paura. Suo padre, un mercante di successo, con un viso solcato da anni di contrattazioni e viaggi, lo guardò con un misto di orgoglio per tanta audacia e una profonda preoccupazione per il futuro incerto che una simile scelta avrebbe comportato.
"Ma tu sei il terzo figlio," rispose il padre, la voce che risuonava del peso inconfondibile della tradizione, quasi un lamento sommesso. "I tuoi fratelli si sono dedicati al commercio, come tutti noi. Perché non seguire le loro orme? Avresti un futuro assicurato. Costruire... è un'incertezza." I suoi occhi, solitamente acuti negli affari, tradivano ora una velata inquietudine, un timore per il figlio che desiderava deviare dal percorso tracciato.
Lo sguardo di Leonardo rimase fisso, incrollabile. "Il commercio è la loro passione, padre, non la mia. Io sogno di costruire edifici che resistano alla prova del tempo, che parlino della nostra epoca alle generazioni future, che siano testimonianza della nostra arte e del nostro ingegno." La sua voce si fece più forte, un'onda di coraggio che annegava l'ansia. "Voglio lasciare un segno!" Il suo sguardo tornò a posarsi sulla sagoma di Venezia, in lontananza, un simbolo di tutte le meraviglie che desiderava plasmare con le sue mani.
"Benissimo," disse il padre, le parole ponderate. "Se è questa la strada che il tuo cuore ti indica, così sarà. Andrai a Venezia e ti unirai ai Tajapiera, la migliore scuola di costruttori che la Serenissima possa offrire. Tua madre, però, sarà inconsolabile, lo sai. Ti ama più della sua stessa vita, e la tua assenza le peserà come un macigno. Ma ricorda bene, Leonardo, questa strada non è per i deboli di cuore. Richiede disciplina ferrea, una precisione che rasenta la perfezione, e soprattutto, la saggezza di piegare le pietre stesse al tuo volere, non con la forza bruta, ma con l'intelletto e la pazienza. Sarà un percorso lungo e arduo, più di quanto tu possa immaginare ora. Ci saranno fallimenti, delusioni, e la tentazione di tornare sui tuoi passi. Ma se la tua passione è vera, se la tua visione è pura... allora avrai la mia benedizione."
E così, con il permesso paterno come unica e preziosa moneta, Leonardo intraprese un viaggio che avrebbe plasmato il suo destino. Nel momento di lasciare la casa, sua madre lo abbracciò forte, le lacrime che le rigavano il viso mentre cercava di trattenere i singhiozzi. "Torna presto, figlio mio," sussurrò tra le lacrime, il cuore spezzato all'idea della separazione. I suoi fratelli, pur sorpresi da quella scelta così lontana dalla tradizione mercantile della famiglia, gli augurarono ogni bene, comprendendo che stava inseguendo un sogno più grande di qualsiasi profitto.
Quando Leonardo entrò nella Scuola dei Tajapiera, avvertì, per la prima volta, il peso e la responsabilità di una scelta che gli avrebbe cambiato la vita. Era un misto di paura reverenziale ed emozione palpabile mentre varcava la soglia: un ragazzo di dodici anni immerso in un mondo di uomini esperti, di attrezzi sconosciuti e di segreti tramandati da generazioni. I suoi occhi, solitamente così vivaci, scrutavano ogni dettaglio con un misto di timore e ardente curiosità.
Fu lì che le sue mani, ancora inesperte ma desiderose di imparare, furono guidate per la prima volta da maestri pazienti ma severi. Questi uomini, con la saggezza accumulata in anni di lavoro, gli insegnarono l'arte di scolpire l'essenza stessa di un edificio dai materiali più umili: un blocco di pietra grezza, un tronco d'albero. Sotto la loro attenta e severa tutela, Leonardo non imparò solo un mestiere, ma un vero e proprio linguaggio. Ogni giorno era una nuova scoperta di come dare vita alla pietra, come trasformare la materia in arte, e come il suo sogno di bambino stesse lentamente prendendo forma, tra polvere, fatica e una crescente, inebriante, consapevolezza del proprio potenziale.
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Cenni storici
L'Arte dei Tajapiera: Architetti e Scalpellini della Venezia Pietrificata
A partire dal 1300, Venezia subì una trasformazione edilizia radicale, passando dal legno alla pietra. Questo cambiamento segnò l'ascesa dei tajapiera, una categoria professionale onnicomprensiva che includeva non solo scalpellini, ma anche scultori e architetti, diventando una delle più diffuse in città.
Data la mancanza di cave di pietra nelle isole lagunari, Venezia si riforniva di materiali come la trachite dai Colli Euganei e la resistente pietra d'Istria (un calcare sedimentario particolarmente adatto all'acqua salata) dall'altra sponda dell'Adriatico, grazie a un'efficiente rete di navigazione.
La rilevanza di questa professione è testimoniata dalla Mariegola dei Tajapiera, il cui atto costitutivo risale al 1307. Questa scuola d'arte, posta sotto la protezione dei Quattro Santi Coronati, è tra le più antiche di Venezia e, come le altre, aveva un duplice scopo: garantire l'assistenza reciproca tra i suoi membri e assicurare il controllo sulla qualità del lavoro svolto.
L'organizzazione interna dei tajapiera prevedeva quattro livelli gerarchici: garzoni, lavoranti, maestri e padroni di officina. Questi ultimi erano noti anche come "paroni de corte", poiché le lavorazioni più imponenti, incluse quelle di grandi blocchi di pietra, avvenivano all'aperto nei cortili. Per conseguire il grado di maestro, un aspirante tajapiera doveva superare una prova complessa: scolpire una base attica di colonna. Questo lavoro doveva essere disegnato ed eseguito direttamente, senza l'ausilio di sagome, e la sua precisione era poi verificata utilizzando un modulo di rame.
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