Un calcestruzzo che trasforma le infrastrutture marine in fiorenti ecosistemi naturali
Il calcestruzzo è un materiale da costruzione, costituito da una miscela di legante, acqua e aggregati fini e grossi (sabbia e ghiaia) e con l'aggiunta, secondo le necessità, di additivi e/o aggiunte minerali che influenzano le caratteristiche fisiche o chimiche, nonché le prestazioni, del conglomerato sia fresco sia indurito.
Il calcestruzzo per uso marino deve presentare una elevata alcalinità (pH > 13) allo scopo di proteggere l’acciaio dalla corrosione.
Il Cloruro di sodio (NaCl) ha una azione è dannosa perché può innescare la cosiddetta “reazione alcali-aggregato” tra sodio e potassio, presenti nel cemento, e la silice amorfa.
È noto che l’acqua marina contiene grandi quantità di sali in soluzione, cioè sotto forma di ioni. La salinità che si esprime come numero di grammi di sali disciolti per litro di acqua, nelle acque marine italiane può raggiungere valori di circa il 35%; ma è la concentrazione di cloruro di sodio (NaCl) a prevalere sugli altri sali, quali il cloruro di magnesio, di potassio, i solfati, i bromuri ed altri.
Si può ritenere che mediamente nell’acqua di mare ci sia una quantità di NaCl di circa 28 g/l.
Le strutture in calcestruzzo sommerse nel mare, oltre ad essere sottoposte alle sollecitazioni meccaniche delle onde, sono interessate dal deposito in superficie dei sali marini che, durante la bassa marea, tendono a precipitare con la formazione di cristalli nel conglomerato che li ha assorbiti, per l’evaporazione dell’acqua e la conseguente saturazione delle soluzioni.
La cristallizzazione avviene con aumento di volume che provoca la fessurazione superficiale del calcestruzzo con conseguente penetrazione di ioni cloro, solfato e magnesio.
Gli ioni cloro provocano la depassivazione delle armature metalliche mentre gli ioni solfato e gli ioni magnesio reagiscono con alcuni componenti della matrice cementizia con formazione di composti espansivi seguiti da rigonfiamenti e distacchi del calcestruzzo.
Un diverso tipo di attacco che interessa, soprattutto, le zone direttamente bagnate dal mare, è determinato dal ricoprimento delle strutture da parte di depositi formati da organismi animali e vegetali, denominati, nel loro insieme “fouling”. L’azione aggressiva, estremamente complessa, è connessa con la produzione di acidi organici, attraverso il metabolismo di alcuni macro e microrganismi componenti il “fouling”, che neutralizzano l’alcalinità del conglomerato, depassivano le armature e provocano la precipitazione dei sali nelle porosità capillare.
In questo contesto normalmente viene scelto un tipo di calcestruzzo che è in grado di ritardare tutti i processi corrosivi.
ECOncrete ha fatto una scelta opposta: ha modificato la composizione del calcestruzzo allo scopo di favorire l’attacco di specie autoctone marine.
Normalmente nelle porosità del calcestruzzo si instaura, a causa degli equilibri chimici con la superficie solida, un pH > 12. Il presente calcestruzzo innovativo fornisce un'infrastruttura marina comprendente una matrice di calcestruzzo avente un pH inferiore a 12 da utilizzare per promuovere la crescita della fauna e della flora in ambiente acquatico.
Riduzione del carbon footprint.
Il cemento è un ingrediente del calcestruzzo che, se miscelato con acqua, sabbia e ghiaia, forma cemento.
Il calcestruzzo ha un'elevata impronta di carbonio principalmente a causa dell'alto contenuto di cemento Portland.
Tra il 50 e il 60% della CO2 emessa durante la produzione di cemento deriva dalla calcinazione di materie prime di carbonato di calcio, la restante CO2 emessa deriva dalla combustione di combustibili fossili.
ECOncrete risponde all'esigenza globale di ridurre l'impronta di carbonio riducendo significativamente la quantità di cemento Portland nella miscela rispetto ai calcestruzzi di qualità marina standard.
Ciò si ottiene sostituendo porzioni di cemento con materiali cementizi supplementari ossia sottoprodotti industriali a base di carbonato di calcio. Oltre a migliorare la sostenibilità del prodotto si migliora anche la resistenza e la durabilità.
Riduzione del carbon footprint attraverso processi biologici
Gli oceani sono un serbatoio significativo per la CO2 atmosferica, rimuovendo circa il 30% delle attuali emissioni antropiche di CO2. Inoltre, alcuni processi biologici facilitano l'assimilazione e l'assorbimento del carbonio.
Il carbonio viene assimilato negli scheletri di organismi marini come ostriche, coralli, vermi tubolari, alghe coralline e cirripedi, in un processo chiamato biocalcificazione .
Come parte integrante della crescita dell'organismo, produce uno scheletro calcitico. Come evidente dall'equazione chimica del processo:
CO2(g) ↔ CO2(aq)
CO2(aq) + H2O ↔H2CO3
H2CO3 ↔ HCO3- + H+
2HCO3- + Ca2+ ↔CaCO3 + H2O + CO2
due molecole di CO2 vengono utilizzate per generare CaCO3. La CO2 rilasciata viene principalmente convertita in H2CO3 e può essere assorbita dai processi biologici.
Oltre alla crescita di conchiglie, corali, ecc. anche la fotosintesi delle forme vegetali che si sviluppano nel calcestruzzo riduce l’impronta ecologica.
La fotosintesi eseguita in ambiente marino principalmente attraverso macro e microalghe, fanerogame marine e tramite alghe simbiotiche come quelle che risiedono nel tessuto corallino, agisce come un pozzo di CO2, attraverso la formazione di materia organica
Finkel e I. Sella, Methods and matrices for promoting fauna and flora growth, WO2014125493A1
ECOncrete - Riduzione dell'impronta di carbonio delle infrastrutture marine e costiere in calcestruzzo
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