Anche il cittadino può fare la sua parte.
Le fonti principali di energia sono di tipo non rinnovabile cioè quelle fonti che, una volta consumate, richiedono un lunghissimo periodo di tempo per rigenerarsi ed essere nuovamente disponibili
Sono fonti primarie non rinnovabili i combustibili fossili e l'uranio. Della prima categoria fanno parte il carbone e gli idrocarburi, questi ultimi ripartiti in petrolio e gas naturale.
Secondo i dati pubblicati nel Renewables Global Status Report, solo il 22% della produzione mondiale di energia elettrica proviene dalle rinnovabili. L’energia pulita riesce a coprire un quinto dei consumi mondiali. Questo risultato, secondo gli analisti, si deve al sempre maggior impegno dei governi a sostegno delle energie rinnovabili.
L’Italia, a seguito delle politiche di incentivazione del solare attive fino al 2013, gode del primato mondiale del fotovoltaico. Il solare nel 2014 copre circa l’8% del fabbisogno elettrico interno.
La crescita registrata nel settore del fotovoltaico italiano, nel 2014, era ascrivibile per il 39 per cento al segmento residenziale che risultava caratterizzato da un’ampia quota (intorno al 36 per cento) di impianti non incentivati.
Attualmente i moduli solari privati producono energia in corrente continua, che attraverso speciali cavi solari arriva all’inverter, dove viene convertita in corrente alternata e quindi immessa nella rete nazionale. Un apposito contatore documenta, ogni kWh prodotto, che viene poi remunerato attraverso lo Scambio Sul Posto.
Attualmente sono state immesse sul mercato soluzioni che potrebbero rendere il consumatore quasi indipendente dalla rete nazionale.
I pannelli solari possono essere una soluzione alle esigenze energetiche di una casa ma normalmente non può essere accumulata e, nelle ore notturne, bisogna in ogni caso ricorrere alla fornitura elettrica tradizionale.
Esistono delle batterie che sono in grado di accumulare l’energia in eccesso prodotta durante le ore diurne per poi esser utilizzata a richiesta.
In questo momento non si è in grado di capire se i nostri gestori permetteranno una cosa del genere. Di fatto l’accumulatore è una batteria che serve a conservare l’energia in esubero, quindi inutilizzata, prodotta da fonti di energia come fotovoltaico, cogenerazione da biomassa, eolico e mini-eolico, idroelettrico e mini-idroelettrico, per poi utilizzarla in un momento di carenza di produzione di energia (mancanza di vento, di acqua, di sole, eccetera). L’obiettivo è quindi ottimizzare al massimo e essere il più possibile energeticamente autonomi.
Secondo una recente stima i sistemi d’accumulo consentono di portare la percentuale d’autoconsumo dal 30%, tipico di un sistema fotovoltaico classico, a un 80-85% cosa che permette di incrementare la redditività complessiva dell’impianto, alla quale si aggiunge la detrazione fiscale del 50%, consentendo un punto di break even stimabile tra i sette e i nove anni, mentre il tempo di vita del pacco batterie è di dieci anni, la metà della vita del sistema fotovoltaico che è invece di venti anni.
La legislazione italiana non è chiara ma qualche produttore, ad esempio, ha aggirato l’incertezza normativa offrendo sistemi di accumulo abbinati a impianti fotovoltaici che ricaricano la batteria, ma non immettono elettricità in rete velocizzando il recupero dell’investimento.
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