Il lupo cattivo non esiste. L'uomo perfido invece sì e veste la giubba delle Guardie Rosse di Mao, che nei Sessanta della Rivoluzione Culturale guidata dal Grande Timoniere Mao Zedong alterarono gli equilibri naturali della Mongolia.
Piazzando nella pacifica steppa trappole esplosive a base di dinamite; stanando i cuccioli di lupo nel ventre della terra, per poi schiantarli sulle rocce e inseguendo i capibranco con la jeep, per fargli scoppiare il cuore. Risultato? I lupi, privati della prole, presero a razziare le greggi di pecore. E oggi che ne sappiamo di più, sulla convivenza possibile tra uomini e lupi, possiamo apprezzare L'ultimo lupo (da oggi in sala), kolossal di Jean-Jacques Annaud, regista francese universalmente noto per Il nome della rosa e Sette anni in Tibet . Non a caso il romanzo di Jiang Rong da cui è tratto il film, Il totem del lupo (Mondadori), in Cina è libro di culto per la nuova classe dirigente, oltre che per gli ambientalisti e i giovani.
Chen Zhen, un giovane studente di Pechino, viene inviato nelle zone interne della Mongolia per insegnare a una tribù nomade di pastori. A contatto con una realtà diversa dalla sua, Chen scopre di esser lui quello che ha molto da imparare: sulla comunità, sulla libertà, ma, specialmente, sul lupo, la creatura più riverita delle steppe. Sedotto dal legame che i pastori hanno con il lupo e affascinato dall'astuzia e dalla forza dell'animale, Chen un giorno trova un cucciolo e deciderà di addomesticarlo. Il forte rapporto che si crea tra i due sarà minacciato dalla decisione di un ufficiale del governo di eliminare a qualunque costo tutti i lupi della regione. Se il governo centrale vuole eliminare il nobile animale, il ragazzo farà di tutto per salvaguardare l'equilibrio tra uomini e lupi. E mentre in Italia oggi muoiono più lupi che in passato, informa il WWF, questo film mostra il lato accattivante del predatore.
«Il mio film è universale, perché parla di rispetto: per l'ambiente, per gli altri, per le minoranze, anche animali. Dal Brasile alla Cina, ovunque la nostra esistenza è in pericolo. Mi darei una martellata in testa, piuttosto che lanciare un messaggio. Però tutti noi soffriamo la tragedia dell'inquinamento», spiega il regista Annaud.
(fonte Il Giornale)
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