Goffredo di Hohenstaufen

Goffredo di Hohenstaufen

Le prime notizie su di lui risalgono al 1176, quando era abate di Santa Maria in Silvis a Sesto al Reghena; l'anno successivo fu presente alla stipula della pace di Venezia tra l'imperatore Federico I Barbarossa e papa Alessandro III. Nominato Patriarca di Aquileia nel 1182, venne anche investito dei titoli di marchese d'Istria e di Giapidia. Appena insediato (1183) Goffredo tentò di assicurarsi il controllo dei vescovadi di Belluno, Ceneda e Feltre scontrandosi per questo motivo contro il vicino comune di Treviso (la causa del conflitto viene tuttavia fatta risalire al rapimento Ginevra detta la Bellissima, figlia di Artico di Strassoldo, da parte di Federico di Cuccagna nel 1188); i primi scontri armati iniziarono nel 1188 e si protrassero ben oltre il suo periodo alla guida della Patria. In risposta agli scontri Treviso saccheggiò le terre di Feltre, Ceneda e Belluno, cadute in mani patriarcali; Goffredo reagì allora lanciando una spedizione che devastò una settantina di villaggi nel trevigiano. Sul piano politico Goffredo mantenne la politica filoimperiale dei suoi predecessori e nel gennaio 1186 incoronò a Milano Enrico di Svevia quale re d'Italia, attirandosi le ire del Vescovo di Milano e futuro Papa Urbano III, reputando questi che l'accoglienza all'imperatore fosse una sua prerogativa. I territori del Patriarcato iniziarono in questo periodo ad acquistare maggiore indipendenza: nel 1192 morì senza lasciare eredi Ottocaro VI duca di Stiria ed i suoi domini (compresa Pordenone) passarono al suocero Leopoldo V di Babenberg duca d'Austria; nel 1186 papa Alessandro III elevò Capodistria a sede vescovile; nel 1188 il comune di Rovigno concluse un trattato commerciale con Ragusa e poco dopo (1192) il comune di Pirano stipulò un trattato commerciale con Spalato; nel 1189 anche Gemona divenne libero comune; nel 1190 fu la volta del comune di Sacile che ricevette dall'imperatore Federico I "Barbarossa" il permesso di darsi uno statuto, il più antico del Friuli; infine a Trieste, nel 1192, dopo due anni di dispute e litigi, l'elezione del vescovo venne delegata al capitolo. Fu proprio il Barbarossa a nominare vicario imperiale il patriarca di Aquileia durante la sua assenza per partecipare alla terza crociata. Goffredo morì il 9 ottobre 1194 lasciando in eredità al successore la guerra contro Treviso ed i grossi debiti da essa causati. Goffredo fu il primo patriarca ad indicare il proprio nome sulle monete aquileiesi, pratica imitata dai suoi successori.
Esponente di una famiglia dell’alta nobiltà sveva, legata agli Hohenstaufen, Goffredo compare per la prima volta come abate di Sesto nel febbraio del 1176. Non si hanno molte notizie sugli anni del suo abbaziato, se si esclude la probabile committenza degli affreschi bizantineggianti della cappella alta dedicata all’arcangelo Michele, di cui rimangono a tutt’oggi alcuni lacerti. Collaboratore del patriarca Ulrico II di Treffen, partecipa alla stesura degli statuti del capitolo cattedrale, emanati nel 1181, al fine di favorire la vita comune dei canonici. L’anno seguente, alla morte del presule aquileiese, è chiamato a succedergli, suggellando in questo modo la fine di un periodo di forti contrasti tra la Chiesa di Aquileia e i monaci di Sesto. La reazione violenta del preposito Gabriele di Caporiacco, desideroso di recuperare le prerogative che gli erano state sottratte dalla riforma del capitolo, mettono però subito alla prova il nuovo patriarca. Goffredo, pur credendo nella validità dell’esperienza comunitaria, cede alle pressioni del preposito e della sua potente consorteria familiare, riconoscendone vita natural durante gli antichi diritti e ricompensando i canonici con l’incorporazione della pieve di Rive d’Arcano. La posizione assunta dal presule sembra essere giustificata dalla volontà di non creare un fronte d’opposizione interno, in un momento in cui i confini occidentali del principato ecclesiastico cominciavano a essere minacciati da nuove forze emergenti all’interno della Marca trevigiana. Gli stessi monaci di Sesto, negli anni di governo di Goffredo, avevano visto usurpare parte dei loro beni da Ezzelino II da Onara. Nel 1182, il pontefice Lucio III, probabilmente su segnalazione dello stesso patriarca, interviene nella questione prendendo sotto la propria protezione l’abbazia di S. Maria. Nel marzo del 1184 il patriarca, ribadendo la sua attenzione verso il monachesimo benedettino, conferma una sentenza del suo arcidiacono, che riconosceva i diritti del monastero di S. Maria di Aquileia sulle decime di Isola d’Istria. Dall’ottobre dello stesso anno Goffredo risulta al seguito dell’imperatore Federico I Barbarossa, prima a Verona, dove forse partecipa alla stesura del decreto Ad abolendam, che prevedeva un’azione congiunta di Papato ed Impero contro gli eretici, e poi a Vicenza e a Treviso. È di questo periodo l’atto con cui il patriarca concede in feudo a Enrico conte del Tirolo la metà della muta di Gemona, al fine di favorire il mercato in quella località. Nel novembre del 1185 Goffredo è di nuovo a Verona, dove consacra la chiesa di S. Maria Antica. Di lì si sposta a Milano per raggiungere l’imperatore: il 27 gennaio del 1186, nella basilica di S. Ambrogio, il patriarca incorona re d’Italia il figlio del Barbarossa, Enrico, sebbene il nuovo pontefice Urbano III vi si fosse opposto fermamente: Goffredo viene quindi sospeso temporaneamente dai divini uffici. Lo scontro tra il presule e il papa è però di breve durata. Già nel marzo del 1186 Urbano III interviene fermamente per porre un freno alle alienazioni forzose dei beni delle cattedre episcopali soggette alla metropoli aquileiese. Allo stesso tempo il pontefice concede a Goffredo la facoltà di scomunicare chiunque imponesse esazioni ingiuste ai sudditi del principato ecclesiastico. Nel marzo dell’anno successivo il papa conferma la dipendenza di Sesto dal patriarcato, contro le rivendicazioni del vescovo di Concordia Gionata. L’attenzione del patriarca verso i confini occidentali dei suoi domini emerge nuovamente nel 1188, quando investe Guecelletto di Prata di tutti i feudi della Chiesa di Aquileia, detenuti dalla sua famiglia, in un’ottica di potenziamento difensivo nei confronti del comune di Treviso, che si faceva ogni giorno più minaccioso. Nel 1189 le truppe trevigiane danneggiano i possedimenti patriarcali a S. Polo e Medate e si appropriano di gran parte dei beni delle chiese di Ceneda e di Belluno e Feltre. Il patriarca, dopo aver consolidato le proprie posizioni intorno a Sacile, risponde, attaccando Mestre e Spinea e muovendo le sue truppe verso Ceneda. Gli scontri continuano a fasi alterne per alcuni anni. Nel frattempo Goffredo è chiamato a risolvere una questione insorta con il suo capitolo per la giurisdizione ecclesiastica sulle pievi, incorporate all’istituzione: la sentenza che ne segue, pur confermando i diritti della cattedra di Aquileia, si rivela contraddittoria: infatti, il patriarca è costretto a riconoscere al preposito Gabriele le rendite derivanti dall’esercizio della giurisdizione. Successivamente il presule raggiunge Enrico VI, in viaggio verso Roma per assumere la corona imperiale. Il 15 aprile del 1191 è nell’Urbe, dove assiste all’incoronazione. Il 5 giugno è a Napoli. Torna ad Aquileia nel novembre dello stesso anno. Il 15 dicembre è a Portogruaro, dove conferma i provvedimenti del vescovo di Concordia Romolo, relativi alla vita comune dei suoi canonici. Il sostegno dato al nuovo imperatore non è gradito al pontefice Celestino III, che in alcune circostanze si scontra con il presule aquileiese, come quando nel 1192 gli impone di confermare il vescovo eletto di Trieste Wosalco, sebbene questi non gli fosse gradito. In soccorso del patriarca interviene, quindi, l’imperatore, che rinnova a Goffredo la concessione in feudo del ducato del Friuli e riconferma gli accordi intervenuti tra i suoi predecessori e i conti di Gorizia in merito ai diritti di avvocazia. Forte del sostegno imperiale, il patriarca riesce a imporre una tregua di breve durata ai Trevigiani. L’ultimo anno di vita di Goffredo è segnato da un lungo periodo di malattia e di vacanza di governo, durante il quale diversi ministeriali si appropriano indebitamente dei beni della cattedra aquileiese. Il patriarca muore l’8 ottobre del 1194.

Date

26 Novembre 2020

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Aquileia, Luca Gianni, Patriarchi