Il degrado inizia ad essere irreversibile. Occorre risanare la biosfera per salvare la specie che la sta distruggendo: l’uomo.

 

Quante volte sentiamo parlare di “sviluppo sostenibile”? Agenda 2030? Convenzione di Rio? Economia circolare? Dove sono nati questi concetti tanto chiacchierati e spesso poco legati alla realtà? Nascono da un evento senza precedenti sia in termini di impatto mediatico che di scelte politiche e di sviluppo conseguenti.

 L'umanità è stata alle prese con un numero crescente di sfide ambientali di gravità crescente sin dalla Conferenza di Stoccolma nel 1972. La decisione di tenere quella che divenne la prima di una serie di conferenze decennali sullo sviluppo sostenibile è stata presa dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ( ONU) nel 1969.

La Conferenza di Stoccolma ha identificato l'ambiente come una sfida che necessitava di una risposta a livello di sistema delle Nazioni Unite e ha portato all'istituzione del Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) per aiutare a guidare e coordinare gli sforzi.

I governi hanno da allora messo in atto una serie di specifici accordi e strumenti ambientali multilaterali, alcuni dei quali affrontano questioni in gran parte sconosciute nel 1972, come l'esaurimento dello strato di ozono e il cambiamento climatico. Le sfide ambientali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l'inquinamento sono diventate sempre più gravi.

Successivamente il Summit della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, è stato la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull’ambiente e la più grande conferenza della storia per numero di partecipanti.

 

Si riunirono 183 paesi rappresentati da oltre 10.000 delegati ufficiali, un centinaio fra capi di stato e di governo, 15.000 fra ambientalisti e rappresentanti di organizzazioni non governative, esperti, industriali, indios, religiosi, rappresentanti dei movimenti a tutela dei diritti delle donne e giornalisti. 30.000 persone arrivate dai 5 continenti, tutti riuniti per fare per la prima volta collettivamente la diagnosi sullo stato di salute del pianeta e definire un piano d’azione, l’Agenda 21, in modo da affrontare i principali problemi ambientali che, se non controllati, avrebbero portato ad un’emergenza ambientale di dimensioni mai viste entro il 2030.

Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Implica la crescita economica insieme alla protezione della qualità ambientale, che si rafforzano l’una con l’altra. L’essenza di questa forma di sviluppo è un legame stabile tra le attività umane e il mondo naturale, che non diminuisca le prospettive per le generazioni future di godere di una qualità della vita buona almeno quanto la nostra.”, UN Commission on Environment and Development (UNCED).

I dati messi in risalto in quella occasione furono determinanti per il successivo dibattito sulle questioni ambientali. I paesi più industrializzati, con una popolazione pari al 20% del totale mondiale, consumano circa l’80% delle risorse disponibili. La distruzione delle foreste centroamericane è avvenuta per fare posto agli allevamenti dei bovini da carne destinati alle catene di fast-food, soprattutto nei paesi del Nord del mondo. Il Giappone importa ogni anno circa il 40% del legname che viene tagliato nel mondo per alimentare l’industria della carta e per la fabbricazione di bacchette di legno usa e getta per ristorazione. Anche per quanto riguarda il fenomeno del riscaldamento globale della Terra, le responsabilità non sono distribuite equamente tra il Nord e il Sud del mondo. I paesi industrializzati producono il 78% dell’anidride carbonica accumulata nell’atmosfera, per il 20% attribuibile agli Stati Uniti.

Le guerre civili hanno moltiplicato gli effetti devastanti del cambio climatico. La metà delle popolazioni più povere della terra vive in zone rurali ecologicamente fragili. Nei paesi andini e nell’Himalaya gli agricoltori disboscano i contrafforti delle montagne aumentando l’erosione dei terreni e i rischi di valanghe; nell’Africa subsahariana le terre vengono coltivate fino al loro esaurimento e l’allevamento e la ricerca di legna da ardere accelerano la deforestazione. Desertificazione ed erosione dei suoli sono le manifestazioni più visibili e più inquietanti di una degrado amplificato dalla crescita demografica e dall’espansione dell’agrobusiness.

Il principale progresso teorico prodotto dal Summit della Terra è stato quello di legare indissolubilmente ambiente e sviluppo. La conseguenza di questa consapevolezza teorica è che la lotta contro la povertà e contro il degrado dell’ambiente sono due requisiti complementari e obbligatori di qualsiasi politica di sviluppo.

La crescita della popolazione obbliga le famiglie a disboscare per creare nuovi terreni agricoli e a non rispettare i tempi di riposo biologico dei terreni già sfruttati. La moltiplicazione delle colture tropicali intensive, e delle concessioni per lo sfruttamento del legname e dei minerali, è una scelta obbligata per i paesi più indebitati, che soltanto in questo modo possono incamerare valuta pregiata. L’agricoltura commerciale inquina i terreni con l’uso intensivo di pesticidi ed erbicidi, provocando inoltre l’espulsione dei contadini verso le zone con minor tasso di produttività o più difficili da raggiungere. La povertà accresce il degrado dell’ambiente, che a sua volta impoverisce di più la popolazione. Il disboscamento accelera la sterilizzazione delle terre, mettendo in pericolo il lavoro di intere comunità. Sono le donne, che producono il 50% dei prodotti di base dell’alimentazione domestica, le più danneggiate da un ambiente rurale compromesso. Alcuni tipi di inquinamento aumentano vertiginosamente con la povertà. Nei paesi a basso reddito, l’acqua rappresenta la principale fonte di malattie e mortalità.

Alla luce di queste riflessioni, dal Summit della Terra era auspicata la redazione di una serie di documenti che gettassero le basi di un impegno a livello mondiale sulle tematiche sopra esposte e soprattutto

la stesura di una Carta della Terra: una sorta di costituzione ecologica mondiale di base per l’ulteriore sviluppo sia del diritto che degli ordinamenti interni dei vari Stati relativamente alla materia ambientale.

La Carta si propone di ispirare in tutti i popoli un nuovo sentimento d’interdipendenza globale e di responsabilità condivisa per il benessere di tutta la famiglia umana, della grande comunità della vita e delle generazioni future. La Carta è una visione di speranza e un appello ad agire.

Le visioni contrapposte impose che la Carta non avesse un vincolo giuridico ma semplicemente una dichiarazione di intenti politici per un futuro ancora da definire.

Il Summit della Terra del 1992 ha innescato l’avvio dello sviluppo sostenibile nelle politiche mondiali, ma, in realtà, il fronte del cambiamento delle politiche e delle culture è avanzato con fatica e con risultati contraddittori.

Negli anni successivi è stata registrata una governance dello sviluppo sostenibile molto debole e incapace di imporsi nella società civile. 

Nel summit tenutosi 20 anni dopo (Rio+20) è stato dichiarato che l’Agenda 2030 rappresentasse l’ultima possibilità per portare il mondo su un percorso sostenibile.

 

La scienza in interazione con la politica ha svolto un ruolo chiave nell'identificare i problemi ambientali emergenti e nel fornire la base di prove necessaria per affrontarli.

La cooperazione ambientale internazionale ha sviluppato un'elaborata interfaccia scienza-politica, comprese valutazioni intergovernative progettate e coprodotte da esperti indipendenti che interagiscono con i rappresentanti del governo e le parti interessate.

Le valutazioni internazionali hanno stabilito una base di conoscenza condivisa che è spesso andata di pari passo con lo sviluppo di azioni internazionali per frenare il declino ambientale. Un esempio lampante è lo sforzo internazionale per ripristinare lo strato di ozono che protegge la vita nell'alta atmosfera. La riduzione dell'ozono stratosferico è stata ipotizzata per la prima volta nel 1974 e ha portato a una serie di scoperte che hanno dimostrato che la colpa era delle sostanze prodotte dall'uomo. Un'elaborata interazione tra scienza e politica ha portato al Protocollo di Montreal, che ha avviato l'eliminazione graduale delle sostanze che riducono lo strato di ozono in modo che lo strato di ozono potesse iniziare a riprendersi, come rilevato nel 2014.

Anche se sono passati molti anni i problemi urgenti che mettono a rischio gli equilibri della biosfera non sono cambiati.

Il biossido di carbonio, o anidride carbonica, ha raggiunto concentrazioni eccessive e con il contributo di altri gas (ossidi di azoto (NOX), cloro-fluorocarburi (CFC), metano (CH4), ecc.) rischia di far aumentare l’effetto serra e cioè il riscaldamento dell’atmosfera, avendo come conseguenza ultima la fusione delle calotte polari e quindi l’innalzamento del livello dei mari .

Ogni anno si verifica la distruzione di circa 15 milioni di ettari di foreste, in prevalenza foreste tropicali, con danni incalcolabili all’equilibrio ecologico e con la cancellazione di vasti e irriproducibili archivi della natura, con modificazioni negative sul clima del Pianeta.

L’impoverimento delle varietà biologiche nel mondo va avanti al ritmo di quattro specie all’ora ed interessa, oltre agli insetti ed i vegetali, anche gli animali di dimensione più grande.

La desertificazione minaccia un terzo delle terre emerse e procede con un ritmo di sei milioni di ettari all’anno.

I mari sono invasi dalle plastiche.

Un elenco non esaustivo dei danni, ma rende un quadro veramente catastrofico che evidenzia un processo distruttivo della Natura, dei suoi equilibri, dei suoi cicli fisici, chimici e biologici.

L’attività dell’uomo, che si è svolta e si svolge su programmi tecnocratici, finalizzati ad obiettivi isolati e redditizi a breve termine, attuati con tecnologie sempre più potenti e determinate dalla logica del profitto del gigantismo economico ed industriale ha determinato e continua a determinare un impatto tecnologico-industriale sulla biosfera di totale e rapidissimo degrado.

In altre parole, il degrado inizia ad essere irreversibile. Occorre risanare la biosfera per salvare la specie che la sta distruggendo: l’uomo.

 

Le attuali sfide ambientali insieme rappresentano un'emergenza planetaria che richiede un cambiamento trasformativo per garantire un futuro sostenibile.

L'umanità può fare pace con la natura e affrontare la crisi ambientale. Tale sforzo deve mettere il benessere umano al centro della scena e accelerare i progressi verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG).

I 17 SDG indivisibili inquadrano le trasformazioni richieste come parte dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2015.

L'Agenda definisce un partenariato per le persone, il pianeta, la prosperità e la pace nell'ambito di ciò che l'Assemblea generale definisce "un visione di trasformazione estremamente ambiziosa. " L'Agenda e i suoi obiettivi integrati e indivisibili si collegano a una serie di altri strumenti, inclusi gli accordi ambientali multilaterali e il Quadro di Sendai per la riduzione del rischio di catastrofi 2015-2030. Le trasformazioni richiedono, tra le altre cose, innovazione, apprendimento, solidarietà e adattamento.